Il pullulare di referendum contro la Buona Scuola potrebbe trasformarsi in un boomerang.
Perché se da una parte dimostra, se ve ne era ancora bisogno, quanto è trasversale la protesta, dall’altra potrebbe disunire le forze.
Senza arrivare ad un risultato. La pensa in questo modo la Gilda degli Insegnanti, che ribadisce la necessità di procedere all’organizzazione in tempi brevi di un comitato unitario per l’indizione di un referendum abrogativo di parti fondamentali della legge 107/2015 sostenuto da una solida consulenza giuridica a livello nazionale.
“La battaglia referendaria contro la riforma della scuola – scrive il sindacato autonomo – può essere vinta soltanto unendo tutte le forze dell’associazionismo, del sindacato e della politica. La posta in gioco è troppo alta e iniziative portate avanti da comitati improvvisati o da politici in cerca di visibilità rischiano di rivelarsi un boomerang: la cassazione dei quesiti o, peggio ancora, una sconfitta referendaria potrebbe solo rafforzare le ragioni della cosiddetta Buona Scuola”.
Per l’organizzazione guidata e coordinata da Rino Di Meglio, “soltanto con un’azione unitaria possiamo affrontare positivamente uno sforzo organizzativo importante e una battaglia politica e culturale che deve essere vinta non tanto all’interno del ‘popolo della scuola’, ma in tutto il Paese. Per questo – sottolinea la Gilda – le iniziative referendarie promosse finora paiono prive del necessario consenso che deve scaturire da un dibattito aperto tra tutti coloro che intendono battersi per l’abrogazione di parti della legge 107/2015. Partire con raccolte di firme su quesiti confusi e non adeguatamente discussi può portare ad effetti controproducenti per la scuola pubblica e per il Paese. I referendum abrogativi possono essere indetti solo se c’è la realistica possibilità di una vittoria”.
La Gilda invita anche tutte le associazioni, le forze politiche e sindacali a valutare la possibilità di accompagnare le iniziative per l’abrogazione della legge 107/15 con quesiti inerenti la cancellazione di parte della riforma Gelmini e di punti specifici del decreto Brunetta “che di fatto – conclude il sindacato – rappresentano la base culturale sulla quale si è poi sviluppata la riforma del governo Renzi”.
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