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Riforma organi collegiali: ok delle Regioni

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Il disegno di legge in materia di autogoverno delle istituzioni scolastiche statali supera un altro ostacolo e si avvia (forse) verso una rapida approvazione alla Camera.
Nei giorni scorsi, infatti, la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome ha espresso il proprio parere sul provvedimento in termini assolutamente positivi.
“La Conferenza – si legge nel documento approvato nel corso della seduta del 19 aprile –
esaminato il testo attualmente all’esame della Commissione VII della Camera in sede legislativa, ne condivide sostanzialmente obiettivi e principi ispiratori”.
Le richieste di modifica sono per lo più marginali e riguardano le prerogative delle regioni e degli enti locali.
L’unica proposta di modifica di un certo peso riguarda la riscrittura del 6° comma dell’articolo 11 relativo alle  Conferenze di ambito territoriale che dovrebbero essere “il luogo del coordinamento tra le istituzioni scolastiche, gli Enti locali, i rappresentanti del mondo della cultura, del lavoro e dell’impresa di un determinato territorio”.
Le Regioni chiedono anche la soppressione del comma 7 del testo predisposto dalla VII Commissione della Camera che prevede che alle Conferenze di ambito partecipino anche l’amministrazione scolastica regionale e le Università.
Le regioni propongono poi la cancellazione del comma 8 che stabilisce che le Conferenze territoriali “esprimono pareri sui piani di organizzazione della rete scolastica, esprimono, altresí, proposte e pareri sulla programmazione dell’offerta formativa, sugli accordi a livello territoriale, sulle reti di scuole e sui consorzi, sulla continuità tra i vari cicli dell’istruzione, sull’integrazione degli alunni diversamente abili, sull’adempimento dell’obbligo di istruzione e formazione”. Evidentemente le Regioni rivendicano il diritto di poter definire in modo autonomo composizione e compiti delle Conferenze d’ambito.
Ma nel complesso l’impianto politico generale non viene minimamente messo in discussione. 
A questo punto, il dissenso nei confronti del ddl manifestato dai movimenti di base e da una parte del mondo sindacale (e della Flc-Cgil in particolare) appare destinato ad avere un peso limitato.