La ministra della Pubblica amministrazione, Marianna Madia, prenderebbe le distanze dalle anticipazioni di stampa relative alla bozza del Ddl di riforma in circolazione in queste ore che affida 8 deleghe al Governo.
E nella bozza, composta, sembra, di 26 articoli, su cui non sono escluse ulteriori limature, ci sarebbe pure tra i punti principali, lo stop del trattenimento in servizio, la facoltà cioè di rimanere al lavoro per i dipendenti pubblici (magistrati compresi) oltre l’età di pensione, dopo il 31 ottobre; la possibilità di mobilità obbligatoria nell’arco di 100 chilometri e, in caso di esuberi, di prepensionamenti fino a due anni, senza possibilità di sostituzione.
Il dimezzamento, 50%, dei distacchi e dei permessi sindacali dal primo agosto, che certamente non farà piacere ai sindacati ma da cui “il governo pensa di recuperare 75 milioni di euro”, e il turnover legato solo ai limiti di spesa e non al numero di persone, che potrà così allargare le maglie degli ingressi.
Prevista inoltre la possibilità per il cosiddetto personale ‘in disponibilità’ di chiedere, per essere ricollocato, “una qualifica o posizione economica inferiore” e quindi essere demansionato.
La riforma che, oltre al decreto, sarà accompagnata da un disegno di legge delega, prima dell’esame del Cdm, domani sarà al centro della riunione tra la ministra della Pa, Marianna Madia, ed i sindacati.
Le sigle del pubblico impiego, Fp-Cgil, Cisl-Fp, Uil-Fpl e Uil-Pa “pretendono” che a fronte dei 400mila posti persi nella Pa negli ultimi dieci anni si assumano “100mila giovani”, operazione possibile perché, premesso che “un giovane in ingresso costa la metà di una persona a fine carriera”, le risorse si possono recuperare dal “blocco del turnover per la dirigenza”, dalla riorganizzazione della Pa e dai pensionamenti nelle professioni “altamente usuranti”.
Fondamentale, per loro, il rinnovo del contratto nazionale, fermo al 2009 (e fino a fine 2014), intanto recepito al punto 45 nei punti indicati dal governo, come tema che dal punto di vista economico sarà affrontato dal 2015.
Si mette inoltre fine alla possibilità per i dipendenti pubblici di rimanere al lavoro per altri due anni oltre l’età della pensione (oggi 66 anni e tre mesi) e per cinque anni, dai 70 ai 75 anni, per i magistrati.
Preoccupata la Corte dei Conti riguardo agli effetti che avrebbe sui magistrati, a partire dalle posizioni apicali, evidenziando che “l’attuale già gravissimo vuoto di organico”, “pari al 30% (circa 180 unità), raggiungerebbe dimensioni difficilmente gestibili” per le “cessazioni che verrebbero a determinarsi, da subito e nel quinquennio a seguire, per un numero complessivo pari a circa 90 unità” sugli attuali 430 magistrati in servizio.
E ci sarebbe pure il tetto massimo per i bonus dei dirigenti pubblici, fissato al 15% dello stipendio. Nella bozza si prevede anche che “la retribuzione di risultato” sia collegata a obiettivi fissati per l’intera amministrazione sia al singolo dirigente, oltre che all’andamento del Pil.
Tra le linee guida della bozza, per conciliare vita e lavoro, arrivano anche telelavoro e sperimentazione di forme di co-working (condivisione uffici) e smart-working (orari elastici e tecnologie digitali). Ma anche voucher per baby-sitter, puericultrici, badanti specializzate e convenzioni con asili nido.
È prevista la “riduzione delle spese complessive di ciascuna amministrazione, per i primi cinque anni per un importo non inferiore all’un per cento della spesa sostenuta nell’anno 2013”.
Entro 6 mesi dall’entrata in vigore della legge delega sulla riforma della Pa il governo dovrà emanare uno o più decreti legislativi per il riordino di uffici centrali e periferici di ministeri e di enti pubblici non economici. La bozza del ddl indica i criteri, tra cui: riduzione degli uffici destinati ad attività strumentali e di diretta collaborazione del ministro; rafforzamento di quelli che erogano prestazioni a cittadini e imprese; “istituzione di prefetture regionali-uffici regionali del governo”.
Per l’inquadramento dei dirigenti della Pa verrà istituito un “ruolo unico interministeriale dei dirigenti presso la Presidenza del Consiglio dei ministri”
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