“Abbiamo una legge pensionistica iniqua che tiene inchiodati ai posti di lavoro i padri e i nonni, quando nelle famiglie ci sono giovani disoccupati’”.
È un duro sfogo quello di Annamaria Furlan, segretario generale della Cisl, parlando con i giornalisti al corteo pel il 25 aprile a Milano.
Per la sindacalista Confederale, il Governo “deve convocare le parti sociali e illustrare i programmi, confrontandosi anche coi i sindacati”.
“Ormai – ha continuato Furlan – sono quasi due anni che sentiamo annunci” in tema di flessibilità e pensioni ”credo si debba passare dagli annunci a una proposta concreta del Governo”.
”Dobbiamo rivedere” la legge ” partendo dalla flessibilità in uscita e riconoscendo che tutti i lavori non sono uguali”, ha detto ancora la leader della Cisl.
“Tutto questo è necessario” e non più rinviabile, ha concluso Furlan.
A fine 2015, sempre la sindacalista Confederale annoverava, tra i lavoratori che necessitano di un’urgente flessibilità in uscita, proprio quelli della scuola.
“Non è possibile stare su una impalcatura, su una gru ma anche in altri ambiti lavorativi come gli ospedali o le scuole fino a 66 – 67 anni”, aveva detto la Furlan. Aggiungendo che “il Governo deve riaprire subito il confronto sulla riforma delle pensioni che è la peggiore d’Europa”.
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Ricordiamo che, nelle scorse settimane, la stessa Annamaria Furlan, con i segretari generali di Cgil e Uil, Susanna Camusso, e Carmelo Barbagallo, hanno inviato una lettera al presidente del Consiglio, Matteo Renzi, e al ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Giuliano Poletti: al centro della lettera, c’era la richiesta di avvio di discussione di merito sulla flessibilità in uscita e sull’insieme dei problemi aperti (il completamento delle salvaguardie degli esodati, le ricongiunzioni onerose, le questioni dei lavori precoci, di quelli usuranti, delle donne, la quota 96 della scuola, i requisiti per i macchinisti) e, soprattutto, delle future pensioni dei giovani.
Come da noi preventivato, però, i destinatari della missiva sindacale – Renzi e Poletti – sino ad oggi hanno fatto orecchie da mercante.
Al momento, sono in discussione, nelle commissioni parlamentari di competenza, alcuni disegni di legge per introdurre la flessibilità richiesta dai sindacati. Tuttavia, il Governo punterebbe a concedere il via libera solo in cambio di decurtazioni che si aggirano sul 3 per cento annuo di abbattimento dello stipendio. Per andare via tre anni prima, quindi, si arriverebbe a perdere quasi il 10 per cento: considerando il passaggio, penalizzante per i lavoratori, dal sistema retributivo a quello contributivo, la riduzione peserebbe non poco sull’assegno pensionistico.
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