Sembrano non volersi rassegnare i circa 4mila dipendenti, in larga parte insegnanti, che hanno visto sfumare negli ultimi mesi la possibilità di andare in pensione a seguito dell’approvazione della riforma Monti-Fornero: naufragata la possibilità di un emendamento al decreto Milleproroghe, su cui si era a lungo impegnato il Partito democratico, i diretti interessati hanno man mano iniziato a muoversi attraverso iniziative legali. Dopo la costituzione del gruppo on line “Quota 96”, venutosi a creare all’interno del nel blog dell’on. Manuela Ghizzoni (Pd), negli ultimi giorni a farsi promotori dei ricorsi sono stati alcuni sindacati. Il mancato riconoscimento del servizio che va dal 1° gennaio al 31 agosto 2012 diventerà materia di Tribunale amministrativo regionale attraverso, ad esempio, la Uil Scuola: il sindacato guidato da Massimo Di Menna ha annunciato che impugnerà il diktat del governo mettendo a disposizione una dettagliata scheda che riassume i requisiti necessari per impugnare al Tar del Lazio, tramite le segreterie provinciali, una “decisione del governo che penalizza i lavoratori del nostro settore in modo particolare, creando disparità”.
Sempre la Uil Scuola riassume le tipologie di persone interessate dal ricorso (c’è tempo sino al 14 aprile): i nati tra l’1.1.1952 e il 31.8.1952 che alla data del 31.8.2012 o del 31.12.2012 maturano almeno 36 anni di servizio: i nati/e nel 1951 (o uomini nati in anni precedenti) che maturano 35 anni di servizio entro il 31.8.2012 o il 31.12.2012; tutti i dipendenti che maturano 40 anni di servizio entro il 31.8.2012 o entro il 31.12.2012.
A procedere per il riconoscimento di un diritto cambiato “in corsa” è anche l’Anief: l’associazione sindacale, che ha fatto delle battagli in tribunale uno dei suoi cavalli di battaglia, ha annunciato oggi che a seguito della mancata “risposta positiva del Miur alla diffida inviata dall’Anief per conto dei propri associati nei giorni scorsi”, il personale interessato “può inviare un modello sostitutivo di domanda cartacea da compilare al posto di quello telematico”. Sempre al Tar del Lazio verranno contestati diversi provvedimenti ministeriali: il D. M. n. 22 del 12 marzo, la circolare Miur n. 23 del 12 marzo, la circolare Funzione Pubblica n. 2 dell’8 marzo, le circolari Inps nn. 35 e 37 del 14 marzo. E se non basterà, l’Anief ha già pronti “i ricorsi al Giudice del Lavoro”.
D’altra parte per chi è intenzionato a lasciare, quella delle vie legali sembra davvero l’ultima spiaggia. Le residue possibilità di deroghe ai requisiti per andare in pensione sono state praticamente cancellate dal ministro del Welfare, Elsa Fornero, durante un question time svolto alla Camera qualche giorno fa: “un conto è venire incontro alle esigenze di chi ha lasciato il lavoro per accordi, un altro è la questione di chi il lavoro ce l’ha ancora. Per quanto possa umanamente comprendere la delusione provata da questi lavoratori – ha aggiunto la Fornero – non lo ritengo un’ingiustizia e non credo che oggi noi possiamo tornare su questa questione riportando indietro le lancette a favore dei lavoratori della categoria della scuola“.
Intanto, paradossalmente, anche per coloro che pur avendo compiuto 65 anni vorrebbero rimanere in servizio si fanno esigue le possibilità di ottenere l’ok dell’Usr: nella circolare del Miur dello scorso 12 marzo è infatti esplicitato che nell’esaminare le richieste di proroga gli Uffici scolastici regionale dovranno considerare “con particolare attenzione la capienza della classe di concorso, posto o profilo di appartenenza, non solo per evitare esuberi, ma anche nell’ottica di non vanificare le aspettative occupazionali del personale precario”.
L’altolà vale anche per i capi d’istituto. Per i quali “le istanze di trattenimento devono essere valutate sia in relazione ad eventuali situazioni di esubero determinate dal processo di dimensionamento della rete scolastica che all’esigenza di mantenere la disponibilità dei posti per le immissioni in ruolo dei nuovi Dirigenti scolastici a seguito del superamento delle procedure concorsuali in atto”.
Insomma, sembra che stavolta il governo sia riuscito proprio a scontentare tutti. E in un “colpo” solo. Sia chi vorrebbe lasciare ma non può, perché i suoi ultimi otto mesi per la prima volta non gli vengono considerati. Sia chi vorrebbe rimanere, ma non può perché le riforme stanno determinando sempre più esuberi.