Senza soldi, non si canta messa. Lo abbiamo sentito dire tante volte, anche associando il concetto alle riforme dello stato. Su un ambito specifico di quella della scuola appena approvata, però le cose andranno diversamente: stiamo parlando della cosiddetta alternanza scuola-lavoro. L’ambito del triennio finale delle superiori, che negli ultimi anni si era man mano sgonfiato di finanziamenti. Sino ad essere prodotto quasi esclusivamente grazie alla buona volontà dei docenti e delle aziende ospitanti. Con dei corsi formativi in azienda, tanto per capirci, che potevano contare su appena qualche centinaia di euro di supporto dello Stato.
Ora, però, con la riforma si torna all’antico. A quando, una quindicina di anni fa, partì nelle scuole professionali la cosiddetta ‘Terza Area’. Poi, i progetti di tirocinio, si sono regionalizzati. Con le province a suddividere i fondi, a verificare l’operato delle scuole e a presenziare gli esami finali. Di percorso formativi anche validi, intendiamoci, ma con i fondi ridotti al lumicino. Anche per l’acquisto delle strutture e dei macchinari utili.
Ora, dicevamo, si volta pagina. Lo prevede il comma 39 della riforma: “per l’assistenza tecnica e per il monitoraggio dell’attuazione delle attività ivi previste, è autorizzata la spesa di euro 100 milioni annui a decorrere dall’anno 2016”. Certo, anche l’impegno degli stage sarà maggiore. Possiamo dire più che doppio, sia nei tecnici che nei professionali. Dove, attualmente, le ore di “alternanza scuola-lavoro” sono appena due a settimana, per complessive 66 ore annue. Che fanno meno di 200 ore nel triennio finale. Ebbene, la riforma le raddoppia. E il progetto, di 200 ore, entra per la prima volta nei licei. Che diventano, quindi, in qualche modo anche loro professionalizzanti.
“Al fine di incrementare le opportunità di lavoro e le capacità di orientamento degli studenti – riporta il comma 33 -, i percorsi di alternanza scuola-lavoro di cui al decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 77, sono attuati, negli istituti tecnici e professionali, per una durata complessiva, nel secondo biennio e nell’ultimo anno del percorso di studi, di almeno 400 ore e, nei licei, per una durata complessiva di almeno 200 ore nel triennio. Le disposizioni del primo periodo si applicano a partire dalle classi terze attivate nell’anno scolastico successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della presente legge”. Gli stage comprenderanno anche “attività di formazione in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro” (comma 38).
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Un dato che porrà anche il problema di dove collocare così tante ore: di pomeriggio, di sabato, nei periodi di sospensione delle attività didattiche? Sempre la riforma, dà un assist importante agli organizzatori degli stage. Il comma 35 prevede che “l’alternanza scuola-lavoro può essere svolta durante la sospensione delle attività didattiche secondo il programma formativo e le modalità di verifica ivi stabilite nonché con la modalità dell’impresa formativa simulata. Il percorso di alternanza scuola-lavoro si può realizzare anche all’estero”.
Una modalità, quella di far svolgere i tirocini aziendali a fine scuola (spesso per tutto il mese di giugno) o prima che inizino le attività didattiche (le prime due settimane di settembre, soprattutto per le quinte classi impegnate a fine scuola con gli Esami di Stato), che in realtà più di un istituto già adottava. Solo che ora, visto che sarà molto difficile, vista la consistenza, collocarli diversamente, potrebbe diventare la prassi. Dando ragione anche al ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, che qualche mese fa sosteneva che i nostri giovani possono occupare anche una parte delle vacanze estive per le loro attività formative.
Un’ultima considerazione, che è poi quella da qui siamo partiti. I soldi. Facendo qualche calcolo, i 100 milioni di euro annui dovrebbero essere suddivisi tra poco più di 2mila istituti, tutti quelli superiori (anche se è probabile che i licei ne riceveranno meno): ad ognuno potrebbe arrivare, in media, una cifra attorno ai 50mila euro l’anno. Una cifra non altissima, considerando che parliamo sempre di quote lorde, quindi praticamente da dimezzare quando si parla di soldi effettivi che andranno nelle tasche di chi svolgerà lezioni e formazione in azienda. Ma tanto basta per dire che grazie alla riforma finalmente per gli stage in azienda si volta pagina.
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