Reclutamento

Riforma reclutamento docenti, in arrivo il Dpcm. Pittoni: no tirocinio per chi insegna da una vita, non si ripetano gli errori

Mentre il ministero dell’Istruzione si prepara emanare il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (il Dpcm era atteso entro fine luglio) che renderà attuativa la riforma della formazione e del reclutamento docenti, tra gli addetti ai lavori si scaldano i motori. Così Mario Pittoni, responsabile del Dipartimento Istruzione della Lega e vicepresidente della commissione Cultura a Palazzo Madama dice la sua: “I percorsi formativi abilitanti all’insegnamento non devono prevedere tirocinio per chi già insegna da una vita e, soprattutto, niente selezione in ingresso. Nel Dpcm in lavorazione al ministero non si ripeta l’errore del Tirocinio formativo attivo (Tfa) a numero chiuso, all’origine dell’attuale grave carenza di docenti specializzati sul sostegno e in generale di insegnanti abilitati. Altrimenti è meglio aspettare il prossimo governo”.

LEGGE 79/2022 IN G.U.

“In audizione – spiega Pittoni – recentemente il ministro dell’Università Cristina Messa, rispondendo a una mia domanda, si è impegnata a non irrigidire l’accesso ai percorsi formativi abilitanti all’insegnamento col numero chiuso. Ma a Palazzo c’è chi teme che l’offerta formativa ingeneri situazioni di sovrannumero di docenti che poi non possono essere stabilizzati, quando però nella stragrande maggioranza dei casi il problema è opposto: ogni anno le strutture scolastiche sono costrette a impegnare mesi alla ricerca di quasi 200 mila supplenti. Senza contare ingabbiati e dottori di ricerca, che hanno anche loro tutto il diritto di accedere a percorsi abilitanti all’insegnamento. Nei fatti cioè sulla scuola qualcuno punta a risparmiare, non investire, per cui ogni motivo è buono per provare a rallentare i percorsi di abilitazione, specializzazione e stabilizzazione già a ostacoli degli insegnanti, con quote e riserve che portano a prove preselettive e inefficaci quiz a crocette, addossando la colpa a Bruxelles. Visto pure l’enorme pregresso che non è certo di responsabilità dei docenti, torneremo perciò alla carica con la richiesta di estensione della fase transitoria – conclude Pittoni – almeno fino al 2026”.

Andrea Gavosto

Sulla questione del tirocinio che Mario Pittoni auspica non riguardi i docenti che insegnano da molti anni, potrebbe non essere d’accordo Andrea Gavosto, presidente della Fondazione Agnelli che in un recente appuntamento di Tecnica risponde LIVE, sulla legge 79 che ha introdotto il tirocinio diretto nel percorso formativo aveva dichiarato: “La chiave di volta e la novità di questa legge è proprio il tirocinio diretto: finalmente nella formazione iniziale dei docenti non c’è solo la formazione pedagogico didattica ma anche un’esperienza pratica. Circolano ipotesi di riduzione del tirocinio diretto a vantaggio di quello indiretto – aggiunge – ecco, questo sarebbe un grave errore”.

Ma cosa si intende per tirocinio diretto? Sempre Gavosto spiega: “Il tirocinio diretto è quello fatto in classe, con cui si impara veramente a insegnare; quello indiretto è quello fatto presso gli atenei, sono situazioni finte, simulate, che servono magari all’inizio, prima di andare in classe, quando si deve spiegare magari a un candidato quali difficoltà può incontrare con gli studenti. Ma a fare davvero l’insegnante si impara in classe”. E riguardo alla specificità dei docenti precari ha sottolineato il vantaggio di “fare esperienza sul campo con un tutor che guida il tuo lavoro”.

La legge 79/2022

Ma vediamo cosa stabilisce la legge. Allo stato attuale qual è la procedura di reclutamento dei docenti prevista dalla Legge 79/2022 che ha convertito il DL 36?

Innanzitutto ricordiamo che l’immissione in ruolo ordinaria deve essere preceduta dal percorso abilitante (60 Cfu), cui segue il superamento del concorso, cui segue l’anno di prova.

E per i docenti con tre anni di insegnamento alle spalle?

Secondo quanto leggiamo nella norma, la partecipazione al concorso (propedeutica all’immissione in ruolo) è in ogni caso consentita a coloro che, fermo restando il possesso del titolo di studio necessario con riferimento alla classe di concorso, hanno svolto, entro il termine di presentazione delle istanze di partecipazione al concorso stesso, un servizio presso le istituzioni scolastiche statali di almeno tre anni scolastici, anche non continuativi, di cui almeno uno nella specifica classe di concorso o nella tipologia di posto per la quale si concorre, nei cinque anni precedenti.

E si chiarisce anche che tali docenti con tre annualità di servizio (che non hanno alle spalle il percorso di abilitazione) successivamente dovranno conseguire l’abilitazione a insegnare a partire dal conseguimento di 30 CFU/CFA tra quelli che compongono il percorso universitario e accademico di formazione iniziale.

La partita che si giocherà nell’ambito del prossimo attesissimo Dpcm riguarderà i contenuti dell’offerta formativa corrispondente ai 30 CFU/CFA necessari per la formazione iniziale universitaria e accademica: i docenti con 3 anni di insegnamento dovranno o no garantire, nell’ambito di questi 30 Cfu, una quota di tirocinio?

Carla Virzì

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