Il decreto reclutamento sembra percorrere una strada tutta in salita, osservare le prime mosse dei parlamentari in risposta alla convocazione della riunione di maggioranza che dovrebbe precedere il Consiglio dei ministri delle 17:30 in vista di quella che potrebbe essere una riforma epocale per la scuola.
I capigruppo dei partiti facenti parte della commissione Cultura al Senato avrebbero disertato l’incontro con il ministro dell’Istruzione Bianchi, in segno di protesta: un modo per sottolineare, a loro dire, la mancanza di metodo e di coinvolgimento delle parti. Una critica che accomuna i senatori ai principali gruppi sindacali.
“Sono passati mesi senza alcun coinvolgimento, si è arrivati all’ultimo Consiglio dei ministri utile per approvare un decreto entro giugno. Ora si presenta una proposta molto poco condivisa e a poche ore dal Consiglio dei Ministri veniamo convocati”, lo dice all’ANSA il senatore Mario Pittoni, responsabile Istruzione della Lega e membro della Commissione del Senato, spiegando perché molti parlamentari non si siano presentati.
“Come responsabile del Dipartimento Istruzione della Lega – aggiunge Pittoni – ho presentato una relazione con i nostri suggerimenti prima delle feste di Pasqua, dopo che nei mesi precedenti avevo portato addirittura un’articolata proposta già pronta. Non ho ricevuto riscontri. Non sono stato convocato da nessuno per valutare e approfondire le nostre considerazioni. E mi risulta che nella stessa situazione si siano trovate anche altre forze della maggioranza e lo stesso fronte sindacale. Siamo senza parole”.
“Il tutto – conclude – su un provvedimento come la riforma del reclutamento dei docenti fondamentale per un futuro di qualità del sistema scolastico”.
Quali i nodi della riforma? Come abbiamo ricordato anche in un articolo precedente, la questione della carriera docente è al centro del dibattito, insieme ad altri temi caldi che andranno a costituire un decreto ad hoc o un pacchetto scuola entro un più ampio decreto sul Pnrr.
Tra le novità attese, quella relativa ai meccanismi degli adeguamenti salariali. A quanto pare, la scuola dovrebbe rinunciare alle consuete forme di automatismo negli scatti di stipendio. Insomma, l’anzianità di servizio potrebbe non essere più il solo criterio utile ad accrescere le entrate degli insegnanti, con grande disappunto dei lettori della Tecnica della Scuola, che nel nostro ultimo sondaggio si sono detti contrari, in larga parte, agli scatti stipendiali legati alla formazione.
Ma come dovrebbe effettuarsi questo intreccio tra stipendi e formazione? Secondo l’ipotesi che circola, il Ministero dovrebbe creare una scuola di alta formazione, responsabile dell’aggiornamento dei docenti e della loro formazione iniziale e in servizio, processo cui seguirebbe l’adeguamento salariale.
Una idea che molte sigle sindacali rigettano, specie in quanto accelererebbe e scavalcherebbe il dibattito sul percorso di carriera dei docenti, introducendo per legge qualcosa che secondo i sindacati dovrebbe essere mantenuto a livello di contrattazione (come nel caso del tanto contestato vincolo quinquennale, poi divenuto triennale). Insomma, la norma non dovrebbe sostituirsi al contratto nel regolare i rapporti di lavoro, il salario, la carriera.
Sembra perdersi anche l’idea del doppio canale di reclutamento, sostenuta da più sigle sindacali e che avrebbe dovuto vedere, accanto al canale dei concorsi, anche quello delle graduatorie, in grado di valorizzare l’esperienza di lavoro maturata sul campo dal personale precario.
Insomma, la formula concorsuale diventerebbe formula unica di reclutamento del personale scolastico, con le dovute differenze tra neolaureati e docenti precari. Il nodo potrebbe comunque essere quello delle tempistiche. Sono forti i dubbi circa la realizzabilità di un concorso annuale in grado di portare in cattedra i docenti che servono nei momenti giusti.
E i crediti formativi? Servirebbero ai fini dell’abilitazione.
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