Categorie: Politica scolastica

Riforma Renzi-Giannini, fioccano le critiche ma pochi incrociano le braccia

Il 17 settembre, all’indomani per la maggior parte degli studenti e docenti del primo giorno di scuola, si è consumato il primo sciopero dell’anno scolastico. Ad organizzarlo è stato, come annunciato nei giorni scorsi, il sindacato Unicobas: dalle prime indicazioni provenienti dalle scuole, non si dovrebbero essere registrati particolari disservizi all’attività didattica.

E anche davanti al Miur, a viale Trastevere, l’adesione non è stata massiccia: saranno stati meno di 200 docenti e Ata a manifestare contro il Piano scuola Renzi-Giannini.

Riassumiamo le ragioni della protesta: secondo il sindacato il progetto del Governo “prevede la scomparsa della titolarità giuridica di istituto, perché – sostiene l’Unicobas – crea il ‘limbo’ di una ‘rete’ di scuole alla quale assegnare i docenti, come ‘tappabuchi’. Gli insegnanti italiani sarebbero così in balia dei giudizi dell’onnipotente Dirigente Scolastico e del suo Mentor, che deciderebbero se ‘pescarli’ o meno da quel limbo”.

“Questo – continua il sindacato – è un meccanismo uguale all’assunzione diretta e discrezionale in uso nelle scuole private. Vivrebbero la loro vita professionale alla ricerca di “crediti” (ossia di prove di ‘fedeltà’, supplenze e ore di aggiornamento prevalentemente burocratico), da collezionare nel loro ‘portfolio’ individuale a punti, preoccupati degli esiti dei vergognosi quiz Invalsi copiati dalla scuola Usa (che però li ha abbandonati da 20 anni perché responsabili del livellamento in basso delle competenze degli studenti, che s’erano ridotti a studiare solo per rispondere a domande stereotipate senza più comprendere l’essenza delle materie)”. Inoltre – conclude l’Unicobas – “non avrebbero più scatti garantiti in base all’anzianità, bensì (e solo i due terzi) elemosine di &euro 60 ogni 3 anni (ma …solo se saranno stati ‘bravi’)”. 

Insomma, anche se il malcontento dell’Unicobas è lo stesso di tanti docenti e Ata, la gran parte di loro non se l’è sentita di incorciare le braccia. Cosa accadrà, però, se anche i sindacati confederali dovessero indire lo sciopero? Al momento non ve ne sono i presupposti. Tranne la Flc-Cgil, che minaccia di indire lo stop delle lezioni e di scendere in piazza se le linee guida non verranno modificate, gli altri si sono fermati allo stato di mobilitazione: preoccupa, in particolare, il pericolo del blocco stipendiale fino al 2018.

Alessandro Giuliani

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