Home Politica scolastica Riforma, se viene applicata in toto sarà la fine della libertà d’insegnamento

Riforma, se viene applicata in toto sarà la fine della libertà d’insegnamento

CONDIVIDI

“La Legge 107/15 dà tutto il potere ai dirigenti dequalificando i consigli collegiali. L’effetto negativo più immediato di tutto questo è la fine della libertà d’insegnamento”.

A sostenerlo è stato Fabrizio Reberschegg, presidente dell’Associazione Docenti Articolo 33, nel corso del convegno tenutosi il 16 marzo a Roma, “La Buona Scuola: profili di incostituzionalità”, cui è seguita, il giorno dopo, la deposizione in Cassazione dei quattro quesiti referendari abrogativi relativi alla stessa Legge 107/2015.

Fabrizio Reberschegg ha spiegato come la legge 107/2015 arretri notevolmente il mercato del lavoro, analizzando gli effetti dell’abolizione degli organi collegiali che la riforma metterà in atto, lasciando tutto in mano ad un’unica persona: “Si legittima di fatto l’abolizione degli organi collegiali così come sono e per i quali sono state fatte continue lotte in passato, per rafforzare la posizione del direttore scolastico”.

Roberschegg ha parlato di oligarchia, in quanto la Buona Scuola è l’emblema di un processo di abbattimento e stravolgimento della democrazia italiana che rafforza e favorisce il potere di pochi. Come impedire – o almeno provare ad impedire – ciò? Il referendum può essere un primo passo: “Questo referendum dovrebbe essere il punto di partenza per un dibattito, per delle proposte. Un punto di partenza appunto, non di arrivo, per una visione della vera buona scuola che fuoriesca dal microcosmo della scuola stessa e per dare vita ad una serie di controproposte che mantengano la centralità del collegio docenti e quindi delle strutture democratiche della scuola.”
Secondo il presidente dell’Associazione Docenti Articolo 33 bisognerebbe, quindi, ribaltare la situazione che la 107 vuole delineare, limitando il ruolo dirigenziale, senza il timore di andare contro la pubblica opinione: “La paura porta spesso alla vittoria del nostro nemico”.

{loadposition bonus_1}

All’incontro è intervenuto anche Rino Di Meglio, coordinatore nazionale Gilda degli Insegnanti, che ha illustrato i quesiti, sottolineando gli aspetti della 107 che più stridono con alcuni principi cardine della nostra Costituzione: “C’è la questione del potere al dirigente scolastico di chiamata degli insegnanti che è già stato adottato in passato nelle ASL con i primari. Questo è un vulnus pesantissimo all’articolo 97 della Costituzione per il quale nella pubblica amministrazione bisogna operare secondo il criterio di imparzialità: la 107 crea una profonda ferita al diritto di imparzialità.”
Di Meglio non dimentica di menzionare il problema del licenziamento dei precari: “Certo, restano aperte molte altre questioni: un precario dopo 36 mesi viene licenziato e non può insegnare nonostante sia qualificato. Il problema non è soltanto della categoria. Questa è una restrizione degli spazi di libertà: si sta attuando un processo inverso rispetto quello che la libertà ha seguito con fatica, nei due secoli scorsi. Quel processo che era iniziato in Europa subito dopo la Rivoluzione francese.”

Il coordinatore della Gilda, ha tenuto poi ad evidenziare come quella contro la Buona Scuola non sia una battaglia settoriale: “Si tratta di una violazione del percorso parlamentare che oggi ha toccato la scuola ma che domani può andare a toccare qualsiasi altro ambito. Se si riuscisse ad avere la convinzione che si combatte non solo per il diritto ad esercitare il nostro mestiere e quindi trasmettere la cultura e l’istruzione, ma anche per trasmettere dei valori, allora si capirà che non è la guerra della scuola contro Renzi: è una battaglia per la difesa delle libertà della società. Se noi perdiamo questa battaglia, la perde tutta l’Italia”.

{loadposition facebook}