La delega alla legge 107/2015 su inclusione scolastica e sostegno, porta con sé alcune novità, che riguardano gli alunni disabili e gli insegnanti di sostegno.
Per linee generali possiamo dire intanto, che con la riforma dell’inclusione scolastica ci sarà un coinvolgimento di tutti gli operatori della scuola, che vedrà la formazione non solo per i docenti, ma anche per i presidi e il personale ATA.
Abbiamo già parlato del nuovo percorso per diventare docente di sostegno. A tal proposito, i futuri docenti specializzati della scuola dell’infanzia e di quella primaria, durante il corso di laurea magistrale a ciclo unico in Scienze della formazione primaria, oltre ai 31 crediti formativi già previsti dal normale piano di studi, dovranno conseguire ulteriori 60 cfu sulle Didattiche dell’inclusione. Successivamente, potranno accedere ad un apposito Corso di specializzazione in Pedagogia speciale e Didattica dell’inclusione, con il rilascio di altri 60 cfu.
Infine, il superamento di tale Corso, costituirà titolo abilitante per l’insegnamento sui posti di sostegno della scuola dell’infanzia e di quella primaria.
Per diventare docente per il sostegno della scuola secondaria di primo e secondo grado, occorrerà superare un concorso ordinario.
I requisiti per accedere al concorso sono i seguenti:
Il concorso prevede tre prove scritte ed un colloquio orale.
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Quello che invece non appare del tutto soddisfacente della riforma sull’inclusione e sostegno riguarda la continuità didattica, bestia nera dell’istruzione italiana.
Il decreto infatti, nella prima bozza prevedeva un vincolo decennale sul sostegno per gli insegnanti, mentre nel testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, il Governo ha deciso di mantenere l’attuale “vincolo quinquennale”, nelle more di superarlo definitivamente, al momento dell’entrata a regime della nuova disciplina della formazione iniziale e del reclutamento degli insegnanti.
Inoltre, i contratti a tempo determinato potranno poi essere reiterati “a docenti supplenti più volte nel corso dell’anno scolastico successivo”, nel caso di un rapporto docente-alunno ritenuto positivo da parte della famiglia, che in questa riforma acquisisce in effetti in ruolo più importante, visto il fatto che può fornire alcune indicazioni alla scuola in merito ai docenti da confermare o sostituire.
Inoltre, nel testo definitivo del Decreto uscito in Gazzetta, c’è scritto che “al fine di garantire la continuità didattica durante l’anno scolastico, si applica l’articolo 462 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 297 del 1994”, ovvero che “almeno per tutto l’anno l’insegnante di sostegno dovrebbe rimanere lo stesso”.
Ma come abbiamo scritto già in precedenza, la continuità didattica prevista dalla riforma non sembra soddisfare appieno, in quanto, più del 40% degli attuali docenti per il sostegno sono supplenti e hanno incarichi precari “in deroga”, lasciando scoperto ancora il problema dei criteri degli organici dei docenti specializzati, che dovrebbero poter transitare dal presente organico di fatto a quello di diritto delle scuole e successivamente prevedere un serio e strutturale Piano di assunzione attraverso appositi concorsi.
Inoltre, fanno notare gli esperti e le associazioni di categoria, che paradossalmente, sul decreto alla legge 107 manca un passo fondamentale presente invece già nel testo di riforma de La Buona Scuola, ovvero quello di “vincolare il docente di sostegno all’intero ciclo d’istruzione dell’alunno con disabilità”.
Pertanto, se da un lato il decreto ha portato delle importanti novità positive, come la revisione della formazione iniziale dei docenti, la maggiore partecipazione delle associazioni di categoria e un più palese coinvolgimento decisionale delle famiglie degli alunni, il tema della continuità didattica sembra essere quello che lascia più perplessi, perché si pensava si potesse fare qualche passo in avanti.
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