Il puzzle si è completato: dopo due anni di tentativi e a quattro mesi e mezzo dalla sua approvazione in sede di Consiglio dei ministri, avvenuta lo scorso 4 febbraio, la riforma della scuola secondaria superiore diventa a tutti gli effetti Legge dello Stato. Portata a termine, lo scorso 1 giugno, anche la registrazione della Corte dei Conti, per la ratifica completa mancava infatti solo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dei tre distinti tesi normativi. E l’atto finale è stato compiuto: sulla Gazzetta del 15 giugno, la n. 137, sono infatti apparsi i regolamenti di attuazione dei rinnovati corsi liceali, tecnici e professionali.
La pubblicazione sul G.U. è un passaggio indispensabile da un punto di vista formale, ma non pratico: diverse volte in passato l’attuazione di un riforma ha infatti preceduto la sua pubblicazione sul “libro-elenco” delle leggi statali. La sua pubblicazione comunque sancisce, una volta per tutte, l’avvenuto completamento dell’iter legislativo.
Le novità non riguarderanno però gli studenti di tutti gli anni di corso: nell’immediato l’entrata in vigore dei nuovi regolamenti interesserà solo poco più di un quinto degli attuali studenti iscritti alle superori. Sono i 600 mila studenti che a partire da settembre inizieranno la loro “avventura” post-licenza media, partendo dalle prime classi degli istituti superiori che si andranno a costituire nel prossimo anno scolastico.
Come noto, sono diverse le novità contenute nella riforma: da un punto di vista puramente didattico, i nuovi licei diventano sei (classico, scientifico, linguistico, scienze umane, artistico e musicale-coreutico, con le rispettive sotto-ripartizioni); gli istituti tecnici si divideranno in due macro-settori (Economico e Tecnologico) con 11 indirizzi sottoindirizzi; anche negli istituti professionali sono previsti due settori principali (Servizi ed Industria-artigianato), con sei sotto-indirizzi più orientati al mondo del lavoro e maggiormente legati alle regioni.
Ma la riforma significa anche tagli: per quasi tutti i corsi superiori è prevista una riduzione del 5-10% dell’offerta formativa settimanale. Una “mossa” che, unita ad altre, porterà non pochi risparmi alle casse dello Stato: basta dire che l’anno prossimo, del resto come il precedente e il futuro, spariranno ben 25.000 cattedre.