Sulle immissioni in ruolo dei docenti, Renzi conferma la linea indicata da Lupi nella stessa giornata: in un’intervista a L’Espresso in edicola il 6 marzo, il premier sostiene che “ci sono sei mesi prima di assumere i precari della scuola, vediamo se la legge va avanti o se ci sarà il requisito di urgenza per un decreto”.
“Sulla scuola ci siamo impegnati con il presidente della Repubblica e con le opposizioni a presentare meno decreti possibile. Mettiamoci d`accordo: prima mi accusano di essere un dittatore che vuole fare tutto da solo, se presento un disegno di legge aperto alla discussione mi accusano di non decidere”, aggiunge sul punto Renzi.
La “mossa” del presidente del Consiglio è da vero stratega: visto che le decisioni sulla scuola sarebbero potute diventare impopolari, per Governo e Pd, ha pensato bene di scaricare “palla” e responsabilità alle Camere. E non importa se la riforma non andrà in porto (molto più di una eventualità): in tal caso, la colpa sarà di chi ha avuto l’opportunità di migliorare la scuola e non l’ha colta.
Lo stesso vale per un eventuale numero esiguo di assunti: se ci avessero permesso di approvare la riforma, sarebbero state molte di più…
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