Sulla #riformabuonascuola, il Governo è aperto ai miglioramenti. Però un punto non si tocca: l’autonomia delle scuole. A dirlo, confermando la linea dell’Esecutivo, è stato il premier Matteo Renzi in una lettera ai segretari dei circoli Pd.
“Il nostro disegno di legge può essere migliorato ancora. Siamo aperti e pronti all’ascolto. Ma un punto deve essere chiaro: la scelta dell’autonomia è decisiva”, ha scritto il presidente del Consiglio a seguito delle proteste in atto contro il ddl in questi giorni all’esame dei parlamentari di competenza della Camera.
La risposta di Renzi è secca: cambiare le regole, incentivando l’autonomia, “significa che la scuola non deve essere nelle mani delle circolari ministeriali e dei sindacati, ma dei professori, delle famiglie, degli studenti. Grazie alle scelte del Pd in Parlamento – rivendica il premier – per la prima volta dopo anni ci saranno più soldi per le scuole e per l’edilizia scolastica, si torna ad assumere e si faranno di nuovo i concorsi, i professori avranno più risorse per la loro formazione, il merito dovrà essere valutato in modo puntuale e dagli asili nido al diritto allo studio il sistema educativo sarà più giusto”.
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Il passaggio principale delle ultime dichiarazioni di Renzi, però, rimane sempre lo stesso: c’è da capire cosa significa avere maggiore autonomia. Tra gli addetti ai lavori si teme che ciò si traduca nell’assegnare maggiori poteri a chi gestisce le risorse e, probabilmente, anche i nuovi insegnanti. Quindi la riforma potrebbe davvero conferire più discrezionalità ai dirigenti scolastici. Insomma, ad oggi, anche se qualche modifica è stata apportata (sul fronte degli organi collegiali, che continueranno a dire la loro nella gestione degli istituti), sulla disussa norma che porterebbe i presidi-sceriffi (per dirla con la Gilda) il Governo non sembra proprio voler fare marcia indietro.
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