Spesso ci si lamenta della Scuola perché ha gradualmente perso la classica funzione formativa culturale ed etica dei nostri ragazzi. Sarà forse anche un luogo comune e quindi si rende necessario fare distinzioni tra le varie realtà scolastiche, ma il problema di fondo esiste e si evidenzia in modo molto chiaro. L’analisi della realtà formativa scolastica porta necessariamente a concludere che il processo evolutivo della Scuola ha seguìto, inevitabilmente, quello socioeconomico e tecnologico. Ben noti principi della Fisica informano che i sistemi complessi (nel nostro caso la società umana) evolvono in maniera casuale ed imprevedibile seguendo il principio entropico e il modello della teoria del caos. I nuovi equilibri che così si ottengono sono quelli più probabili ma non necessariamente migliori di quelli precedenti.
Non è possibile bloccare i processi evolutivi che trasformano le società, ma è possibile guidare tali processi al fine di evitare inarrestabili fenomeni di degrado. L’evoluzione della Scuola (e con essa quella della società) è un processo che va guidato seguendo dei principi anti-entropici. È necessario porre dei paletti, realizzare dei sentieri obbligati entro i quali canalizzare le correnti trasformiste quando queste dimostrano di peggiorare il sistema. Non bisogna dimenticare che l’involuzione è sempre alle porte. Ciò perché essa rappresenta la tendenza evolutiva più probabile e più facile a verificarsi quando la complessità dei sistemi economici raggiunge livelli elevati e le competenze possedute dalle masse diventano insufficienti ad implementare tale trend.
Come ci ricorda la Storia, che non ci insegna mai, le società più evolute sono sempre state quelle più organizzate sia militarmente che socio-economicamente. Le capacità organizzative delle dittature si basano sulla imposizione vessatoria di rigidi precetti ai quali si può dire di no soltanto con sanguinose rivolte. Nelle società democratiche le capacità organizzative si basano invece sulla condivisione di specifici principi etici e semplici regole di convivenza basate sull’aiuto reciproco. Del resto, la nota predisposizione alla cooperazione delle popolazioni montane ne rappresenta un classico esempio. Il degrado etico ed il conseguente dilagare della corruzione hanno sempre determinato il tracollo di tutti i regni del mondo, innescando orribili lotte fratricide. Non si può lasciare che ogni principio etico su cui è stata fondata la nostra società possa essere facilmente violato seguendo bieche logiche di convenienza personale o partitica.
Se non si pone alcun freno a questo insano processo l’epilogo è stato già scritto. Lo scivolamento entropico conduce all’azzeramento dei potenziali sociali che rendono reattiva la società per intero. Così è anche nella Scuola che è uno spaccato della società moderna. Il facile raggiungimento del successo scolastico (in realtà solo della promozione) genera torpore di interessi e disaffezione all’impegno. Analogamente il benessere sociale ed economico genera nei nostri ragazzi una mancata percezione di quanto possa essere pesante guadagnare quei soldi che loro così facilmente spendono la sera con gli amici, o in mille altri modi. Ciò genera irriconoscenza, insoddisfazione, ricerca di stimoli alternativi pericolosi (uso di sostanze stupefacenti, associazioni di “branco”, ecc.). Il non sapere dire di no a scuola come anche in famiglia genera tutto questo.
Il non avere chiari quali sono i limiti etici da non dover superare disorienta, nel momento in cui dobbiamo fare la scelta giusta come genitori e come insegnanti. Mi domando come sia possibile che nessun ministro della pubblica istruzione abbia mai preso in considerazione questo aspetto della problematica scolastica. Nessuno si è mai preoccupato di prendersi cura dei principi etici della formazione. Se così non fosse stato oggi non avremmo esplicite normative che avallano percorsi formativi del tutto inadeguati frutto di promozioni troppo facili. Il principio meritocratico è stato quasi totalmente calpestato per venire incontro a logiche di esigenza di “soddisfazione formativa” da parte di un’utenza scolastica che, in modo più o meno esplicito, punta ad un successo formativo univocamente identificato con la promozione.
La genuflessione della politica a tali illegittime istanze è il vero problema della formazione scolastica, ormai relegata ad una mera prassi burocratica necessaria per ottenere un titolo validante in grado di garantire l’accesso ai concorsi e a livelli di formazione avanzata. Ma le vere competenze scolastiche rimangono una meta lontana. Riformare la Scuola significa in primo luogo recuperare l’approccio etico al processo formativo riconoscendo, in primis, il valore fondante della meritocrazia scolastica che solo i veri ignoranti possono non apprezzare. Il principio di valorizzare e premiare l’impegno, l’interesse e la partecipazione dei ragazzi volenterosi non può essere represso o annullato da una insana logica di appiattimento e di inclusione, quest’ultima vista nella sua accezione negativa. Questo ovviamente non significa che non si debba fare di tutto e di più per aiutare i ragazzi in difficoltà, anzi proprio su questi ultimi l’insegnante deve accentrare i propri sforzi educativi per permettere il successo formativo di chi si vuol fare aiutare. Finiamola di prenderci in giro e guardiamo in faccia la realtà una volta tanto, se non vogliamo la vera fine della Scuola.
Giuseppe D’Angelo
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