La scuola media è considerata l’anello debole del sistema scolastico, da cui l’esigenza di una sua ristrutturazione. Si tratta di un luogo comune, condiviso a tutti i livelli, nonostante la superficialità delle argomentazioni di supporto e l’erroneità della strategia risolutiva.
L’origine del malfunzionamento appare in tutta evidenza leggendo le indicazioni nazionali per la scuola secondaria di primo grado: la noncuranza per le norme.
Ecco alcuni orientamenti diramati dal ministero: il superamento dell’idea di “una coincidenza tra realtà e conoscenza della realtà, tra la natura e le rappresentazioni che ce ne facciamo” deve essere la falsariga delle attività scolastiche e la capacità di costruire modelli il suo obiettivo principale. Lo studente deve “scoprire in maniera via via più convincente e raffinata l’incompletezza di qualsiasi rappresentazione della realtà”: un traguardo che unifica tutti gli insegnamenti.
Unitarietà tesa a “evitare la frammentazione e un’impostazione trasmissiva dei saperi, favorendo negli studenti un’articolata organizzazione delle conoscenze, nella prospettiva dell’elaborazione di un sapere sempre meglio integrato e padroneggiato”, “facendo assumere agli studenti un ruolo attivo nel proprio apprendimento e incoraggiandoli alla costruzione di un proprio progetto di vita”.
Quanto trascritto, nonostante la sua parzialità, pone, come chiave di volta, l’organizzazione scolastica. L’efficacia dei processi d’apprendimento è condizionata dalla sua adeguatezza.
L’assetto decisionale, infatti, è essenziale per governare la progettazione educativa. Il legislatore, mezzo secolo fa, inascoltato, ha assegnato ai Collegi dei docenti il compito di “programmare l’azione educativa” e “valutare periodicamente l’andamento complessivo dell’azione didattica per verificarne l’efficacia in rapporto agli orientamenti e agli obiettivi programmati”. Nelle pratiche scolastiche, invece, la “frammentazione e la trasmissione dei saperi” imperano.
“L’assunzione di un ruolo attivo”, inoltre, comporta la valorizzazione della didattica centrata sul problem solving. L’attività di classe deve aver inizio con la proposizione dei tipici problemi disciplinari: gli studenti, ricercandone la soluzione, raffineranno le loro capacità. Il docente illustrerà lo stato dell’arte solo al termine dei laboratori. Si veda in rete ”Laboratorio di matematica: Archimede”.
Enrico Maranzana
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