Nuovo appuntamento con la rubrica Scienze per la Scuola: oggi parliamo di valutazione alunni.
La valutazione rischia di superare il calcio, anche a livello istituzionale, come arena per le rispettive e focose tifoserie. Soprattutto nella valutazione effettuata nella scuola primaria. C’è chi vuole e vede ovunque voti numerici (riferimento: riforma Gelmini), chi vuole il mantenimento dei giudizi descrittivi (v. riforma Azzolina) e chi, come il ministro Valditara, ripropone invece il ritorno ai giudizi sintetici (sufficiente, discreto, ecc.), sempre per la scuola primaria.
Lo smantellamento sistematico delle riforme fatte dalle amministrazioni precedenti è diventato ormai uno sport nazionale ed è documentato dal succedersi tanto frenetico quanto caotico delle disposizioni normative.
Per evitare confusione, occorre però distinguere fra i livelli di acquisizione dei singoli obiettivi (definiti dagli incriminati aggettivi Avanzato, Intermedio, ecc.) e i giudizi descrittivi. Questi accompagnano i livelli di acquisizione, descrivono, appunto, i comportamenti che ci si può aspettare dagli alunni che hanno raggiunto quegli obiettivi a quei livelli di apprendimento. E’ il cuore della riforma dare maggiore valore descrittivo alla valutazione.
Ecco un esempio di descrittore (del livello Avanzato) presente nella stessa O.M. n. 172 del 2020:
Avanzato: l’alunno porta a termine compiti in situazioni note e non note, mobilitando una varietà di risorse sia fornite dal docente sia reperite altrove, in modo autonomo e con continuità.
Su questa base, “le istituzioni scolastiche […] possono anche scegliere di elaborare giudizi descrittivi in cui riportare un profilo più articolato, individualizzato e contestualizzato, del percorso di apprendimento dell’alunno” (v. tabella sotto).
Si tratta di strumenti valutativi preziosi, insomma, perché entrano molto nel merito dei punti di forza e di debolezza “specifici” degli alunni rispetto ai vari obiettivi di apprendimento (“I giudizi descrittivi… sono riferiti agli obiettivi oggetto di valutazione definiti nel curricolo d’istituto, e sono riportati nel documento di valutazione”, recita l’O.M.).
Il ministro Valditara ha chiarito un punto fondamentale: “L’emendamento governativo sulla riforma della valutazione alla scuola primaria non elimina la descrizione analitica dei livelli di apprendimento raggiunti in ogni disciplina dall’alunno… Elimina piuttosto giudizi sintetici, astrusi e incomprensibili quali ‘avanzato’ o ‘in via di prima acquisizione’, sostituendoli con giudizi chiari e da tutti comprensibili, come ottimo o insufficiente”.
Ma, se le cose andranno in questo modo, certamente dovranno comunque essere modificati in modo radicale anche i descrittori. Avanzato e Ottimo non sono infatti utilizzabili come semplici sinonimi. Avanzato, Intermedio, Base, ecc. indicano specificamente livelli di apprendimento-raggiungimento riferiti ad ogni singolo obiettivo e i loro descrittori sono tarati proprio su questa impostazione. Ottimo, Discreto, ecc., invece, si riferiscono ad altro: al livello di apprendimento raggiunto in ogni disciplina dall’alunno (come precisa lo stesso Ministro).
Checché se ne pensi, il cambiamento è notevole, perché cambia l’oggetto della valutazione. Assegnare, poniamo, Ottimo ad un alunno in riferimento al suo rendimento in una disciplina, sia pur accompagnando questo giudizio sintetico con un descrittore più articolato, rischia di far calare un silenzio tombale sui singoli obiettivi che ha raggiunto. Quell’aggettivo riguarderà “un po’ tutto”, come una sorta di laconica media statistica, e il giudizio descrittivo ad esso collegato dovrà essere comunque rivoluzionato rispetto a quelli a cui ci si stava cominciando ad abituare.
I livelli tuttoggi in vigore, invece, sono attribuibili, in modo anche variabile, ai singoli obiettivi: quello stesso studente può infatti aver raggiunto un livello Avanzato in uno o più obiettivi, ma Intermedio (o perfino Base) in altri. Significa definire in modo più chiaro punti di forza e di debolezza in una stessa disciplina, non perdendo di vista gli obiettivi che si dovevano raggiungere. Ci si chiede allora perché modificare le cose.
Non sembra reggere granché la giustificazione data dal Ministro: riferendosi a cose diverse, quei giudizi non sono intercambiabili e quindi l’uno non può essere considerato la formulazione “semplificata” dell’altro. Sarebbe come se, negli anni Cinquanta, alla parola “computer”, allora poco nota e non italiana, si scegliesse di sostituire “calcolatrice”, perché più nota e “comprensibile”. Col piccolo inconveniente che si riferisce a qualcos’altro. Vabbé voler semplificare, ma ci dovrebbe essere un limite semantico a tutto.
Ma da dove viene questa esigenza di modificare le parole Avanzato, ecc.? La gente davvero non li capisce? E’ allora un tentativo di andare incontro alla gente? Eppure, questi termini sono ormai utilizzati da molti anni nella certificazione delle competenze. E non risulta che studenti e genitori abbiano dovuto sistematicamente far ricorso a traduttori automatici o alla divinazione oracolare per decriptarne il misterico significato.
O la vera questione è un’altra e cioè che si deve sempre e comunque marcare il territorio e lasciare ai posteri un segno purché sia? Rimanendo tutti in timorosa attesa che il successivo governo attui magari la stessa logica da maniacale spoil system legislativo e reinventi costantemente la ruota, magari provando a chiamarla in modo diverso.
Una conclusione si può comunque trarre. Una aggiuntiva e poco gradevole forma di populismo si affaccia o consolida nella politica italiana: il populismo linguistico.
Tratto dalle Linee guida allegate all’O.M. n. 172 (2020)
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