Negli ultimi anni le gite scolastiche, soprattutto a causa del restringimento del fondi d’istituto, hanno fatto registrare un drastico calo. Figuriamoci cosa accadrà ora che è stata resa pubblica la sentenza della Corte di Cassazione sui motivi dell’accoglimento del ricorso della ex studentessa di Udine S. Q., che, nel marzo 1998, si era seriamente ferita seriamente nell’albergo di Firenze scelto dalla scuola, scivolando da una terrazza della struttura alberghiera. La giovane, allora minorenne, salita su un parapetto del balcone della stanza, aveva guadagnato la terrazza insieme al compagno M. T. e, dopo aver perso l’equilibrio, era precipitata nel vuoto per circa dodici metri, riportando gravissime lesioni e rimanendo invalida totalmente. Il danno permanente convinse la giovane, assieme alla famiglia, a fare richiesta di risarcimento danni nei confronti del ministero dell’Istruzione, della scuola dove era iscritta, dell’albergo fiorentina che l’aveva ospitata con la classe e dei genitori del compagno di scuola (che poco prima dell’incidente gli aveva offerto uno spinello). L’accusa più grave, però, apparve sin da subito quella dalla “mancanza di controllo e di sorveglianza degli alunni da parte del professore in gita con la classe e mancanza di sicurezza dell’albergo“.
Ma sia il Tribunale, nel marzo 2005, sia la Corte d’appello di Trieste, nell’ottobre del 2009, respinsero la richiesta risarcitoria della giovane: secondo i giudici di primo e secondo grado è vero che si trattava di studenti minorenni, ma anche che erano prossimi alla maggiore età. Per cui tutti erano “presumibilmente dotati di un senso del pericolo“. Il 9 febbraio la Cassazione ha ribaltato quei verdetti, accogliendocosì la tesi difensiva. I giudici di piazza Cavour hanno puntato l’indice proprio sulla scuola: “proprio perchè il rischio che, lasciati in balia di se stessi, i minori possano compiere atti incontrollati e potenzialmente autolesivi, all’istituzione – sostiene la Suprema Corte – è imposto un obbligo di diligenza per così dire preventivo, consistente, quanto alla gita scolastica, nella scelta di vettori e di strutture alberghiere che non possano, al momento della loro scelta, né al momento della fruizione, presentare rischi o pericoli per l’incolumità degli alunni“.
In pratica, per la Cassazione i docenti accompagnatori avrebbero “dovuto rilevare, con un accesso alle camere stesse, il rischio della facile accessibilità al solaio di copertura per adottare poi misure idonee alle circostanze“. Un controllo da cui sarebbe, inevitabilmente, scaturito “il rifiuto di alloggiare” in una stanza potenzialmente pericolosa per l’incolumità dei ragazzi.In conclusione, per la Suprema Corte “incombe all’istituzione scolastica la dimostrazione di avere compiuto controlli preventivi e di avere impartito le conseguenti istruzioni agli allievi affidati alla sua cura e alla sua vigilanza“. Nella fattispecie, non possono ritenersi indenni da colpe, seppure con proporzioni diverse, i docenti e la scuola dell’ex studentessa rimasta invalida, il ministero dell’Istruzione, per la cosiddetta responsabilità oggettiva, ed anche i responsabili della struttura alberghiera (avrebbero anche loro dovuto fare opera di prevenzione impedendo agli ospiti di accedere sul parapetto del balcone). Nessuna responsabilità è stata inveceaccordata ai genitori dell’ex studente salito nella terrazza con la giovane.
La vicenda giudiziaria, a 14 anni dal fatto, non è però ancora conclusa: la Cassazione ha infatti rinviato il processo alla Corte d’appello di Trieste, i cui giudici dovranno stabilire l’esatto risarcimento per la studentessa.