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“Rimodulare il bonus 500 euro per i docenti fuori sede”

Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti umani, in occasione Giornata internazionale degli insegnanti, 5 ottobre, augura a tutti i docenti di ogni ordine e grado un proficuo e sereno anno scolastico.

La professione del docente diventa sempre più difficile e complessa; le richieste da parte della società a carico degli educatori diventano sempre più molteplici e disparate: aumentano le responsabilità civili e penali nell’esercizio della propria funzione e il rapporto con le famiglie diventa in troppi casi conflittuale; la credibilità di tale professione viene inficiata costantemente da fattori interni ed esterni alla scuola; a causa di tante riforme condotte in modo improvvido, in molti casi, i disagi e le storture si sono moltiplicati con classi di concorso falcidiate e gli esiliati della l. 107/2015 ne costituiscono la prova più tangibile.

Su un campione di 242 docenti fuori sede, monitorato attraverso un sondaggio condotto nel mese di agosto – settembre online, il 62,3% ha dichiarato di spendere annualmente per il proprio sostentamento tra i 5000 e i 10.000 euro; addirittura il 28,8% accusa una spesa superiore a 10.000 euro.

Le prime tre regioni in cui risultano prestare servizio gli intervistati sono: la Lombardia con il 17,3%; il Lazio (16,12%) e la Toscana (14,5%).

I DATI DEL SONDAGGIO (clicca qui)

In un contesto del genere, ci chiediamo seriamente se non sia il caso di rimodulare le caratteristiche della Carta del docente, quando chi vive fuori dalla propria città di residenza affronta costi che intaccano inesorabilmente il proprio stipendio fino a vederlo scomparire senza alcuna possibilità di risparmiare qualcosa per se stesso e i propri figli.

Si parla di autentico allarme povertà nei casi di famiglia monoreddito con affitto da pagare, spostamenti vari, acquisto beni di consumo nelle costose città del Centro – Nord. Risultato? Impossibilità di conciliare il dentista o un’ipotetica spesa medica con la rata dell’affitto.

Le classi di concorso più colpite risultano essere, da quanto emerge dal questionario, quelle relative alla scuola dell’infanzia, alla scuola primaria e alle discipline giuridiche ed economiche.

Gli intervistati hanno dimostrato estrema flessibilità nell’accettare qualsiasi utilizzazione (disponibilità ad essere utilizzato in compresenza;  disponibilità ad essere utilizzato in attività di potenziamento didattico; disponibilità ad essere utilizzato in attività di sostegno previa formazione; disponibilità ad essere utilizzato in orario pomeridiano e nel mese di luglio per le attività di recupero, con ripresa in servizio nel mese di ottobre) pur di favorire il proprio rientro.

Oggi gli insegnanti possiedono un’alta formazione e vantano titoli di studio altamente specialistici (dottorati di ricerca; borse di ricerca ecc.); motivo per il quale il quale sarebbe facile trovare  attraverso la sperimentazione alternative all’ “esodo”. Allo stato attuale pochi appartenenti a tali classi di concorso sono potuti rientrare nelle loro sedi.

Alla luce di quanto affermato, ci si augura vivamente che le prossime azioni del Governo tengano conto del malessere di un cospicuo numero di cittadini, sulle cui spalle grava una responsabilità non di scarsa entità: la formazione della futura società.

Coordinanamento Nazionale Diritti Umani

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