Politica scolastica

Ringraziare gli insegnanti? Meglio assumerne altri e potenziare la Scuola (in presenza)

Come ringraziare davvero gli insegnanti, mostrando loro l’apprezzamento dello Stato per il loro impegno? «Come ministro ci tengo ringraziare tutto il personale docente ma anche tutto il personale scolastico, le famiglie e gli studenti, perché ciascuno ha fatto la propria parte». Lo ha detto la Ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina il 9 maggio in un videomessaggio in occasione della “Settimana Italiana dell’Insegnante”.

«La scuola ha manifestato grandissima capacità di reazione rispetto all’emergenza», ha aggiunto. «Son certa che ripartiremo migliori e più uniti. Come una vera comunità sa fare».

Parole o investimenti?

Ancora belle parole, che scaldano il cuore di quanti sperano nella volontà del Governo di riconoscere gli errori del passato, per ricostruire su basi nuove. Salari (ormai da fame) a parte, un errore blu è stato il progressivo aumento di alunni per classe, finalizzato proprio alla riduzione del numero dei docenti. Ora però, se davvero si vuol mantenere il “distanziamento sociale” nelle classi, bisogna invertire la rotta e dimezzare il numero di alunni nelle classi stesse; realizzando, peraltro, quella didattica più efficace, efficiente, inclusiva, che da decenni è, giustamente, richiesta agli insegnanti (senza però dar loro la possibilità di realizzarla).

Occorre dunque assumer molti più docenti, investendo miliardi. Non — come il Governo sembra voler fare — spender milioni per installare telecamere che istituzionalizzino la “Didattica a Distanza” (“DaD”) e tramutino la Scuola in panopticon elettronico. Né spezzettare i gruppi classe per far turnare piccoli gruppi di alunni lasciandone altri a casa.

Assunzioni o telecamere?

E invece pare proprio questa la scelta dell’attuale Governo, ansioso di somigliare tutti i Governi precedenti per antitesi fra annunci e scelte reali. Dalla riunione in remoto sul tema degli organici docenti per l’anno scolastico 2020/21 (tenutasi il 7 aprile scorso fra MIUR e Sindacati rappresentativi “maggiormente”), è emerso che non solo gli organici non aumenteranno, ma caleranno addirittura: 700 posti in meno fra ITP (513) e insegnanti laureati (184) negli istituti professionali. Significa dover tollerare ancora classi-pollaio con numero di alunni superiore ai 25 persino in presenza di due o più alunni con disabilità.

Se a tutto ciò si aggiungono le dichiarazioni del 10 maggio della viceministra dell’Istruzione Anna Ascani, allora il senso di distopia esplode: «La didattica a distanza continuerà ad esser parte del curriculum. L’attività in presenza sarà di meno rispetto al passato, integrata con la didattica a distanza, che soprattutto nelle scuole secondarie di secondo grado ha funzionato meglio».

Unica preoccupazione dell’attuale Esecutivo è dunque mantenere più elevato possibile il ricorso alla “DaD”, dopo l’emergenza? E per quale motivo, se la “DaD” non è nemmeno lontanamente equiparabile alla didattica in presenza dal punto di vista pedagogico, epistemologico, culturale, educativo, sociologico, democratico? Perché questo entusiasmo fin dal 4 marzo, quasi tutto fosse già bell’e pronto da tempo?

Costituzione, Articolo 32: «La Repubblica tutela la salute…»

E se davvero il Governo è dedito alla salute di docenti, studenti, lavoratori e genitori, perché l’80% degli istituti scolastici della Capitale non è in sicurezza? E perché il 55% di tutte le scuole italiane è sprovvisto del Certificato prevenzione incendi?

E ancora: perché, se davvero vuole “ringraziare” i docenti, il Governo non mette a disposizione degli studiosi i dati sul “burnout” degli insegnanti stessi? Il medico Vittorio Lodolo D’Oria, dedito da decenni allo studio e alla cura del sovraffaticamento degli insegnanti (e delle molte patologie che ne derivano), ha dichiarato tempo fa: «In Italia le malattie professionali dei docenti non sono ancora ufficialmente riconosciute e questo è un grosso problema. L’80% delle diagnosi di inidoneità sono di tipo psichiatrico. Ma noi non abbiamo disposizione i dati nazionali che potrebbero invece far sì che queste malattie vengano definite. L’ufficio III del ministero dell’Economia mi ha negato i dati sulle inidoneità all’insegnamento per causa di salute nel 2015 e di nuovo ai sindacati Gilda e ANIEF nel maggio 2018».

I docenti soffrono: non si deve sapere?

«È scandaloso», aggiunge Lodolo D’Oria, «che le istituzioni non siedano a un tavolo per trovar soluzione a un fenomeno in crescita: i ministeri dell’Istruzione e di Giustizia non possono continuare a far finta di niente. Sarebbe necessario istituire un tavolo interistituzionale per affrontare il duplice fenomeno dei maltrattamenti nei confronti della piccola utenza così come quello delle violenze sui docenti. (…) Più che le telecamere sarebbe importante applicare il decreto legge 81/08 che, all’articolo 28, prevede la prevenzione e il monitoraggio dello Stress lavoro correlato per la tutela della salute dei docenti, un decreto che non è mai stato finanziato. (…) La sicurezza e incolumità dei bambini passa attraverso la salute (mentale) degli insegnanti».

Non fiori, ma opere di bene (e finanziamenti alla Scuola)

Ecco: invece di dire un “grazie” (che costa zero e rende popolare chi lo pronuncia), non sarebbe meglio virare di 180° rispetto alla scarsa considerazione in cui ingiustamente Scuola e docenti son da oltre 30 anni relegati? Sempre che la virata non vada a collidere con altri interessi, naturalmente.

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