Basta “premi a pioggia”, s’inasprisce la “lotta all’assenteismo” e più “spazio alla contrattazione”. Ma, soprattutto, si danno più soldi a chi ne prende meno.
È questo il senso principale dell’intesa sottoscritta sul pubblico impiego, a Palazzo Vidoni il 30 novembre: l’aumento, ha detto Marianna Madia, ministro della Funzione Pubblica, è “medio” perché andrà poi graduato sui diversi livelli di reddito, con “una maggiore attenzione e un maggiore sostegno ai redditi bassi”.
Madia parla anche di “un effetto domino, a favore della redistribuzione del reddito”.
Perché, l’obiettivo dichiarato dell’intesa è quello di “ridurre la forbice” retributiva. Senza “penalizzazioni” per chi rivede il bonus Irpef: quindi, i circa 200-250mila docenti e Ata della scuola che oggi percepiscono circa 600 euro in più l’anno, non dovrebbero rischiare di fare – in busta paga – un passo avanti e, subito dopo, uno indietro.
Anche il sottosegretario alla Funzione Pubblica, Angelo Rughetti, parla di “un cambio di paradigma rispetto al passato quando chi guadagnava di più prendeva di più”.
Uno dei nodi, su cui la trattativa a un certo punto si è incagliata, è stata la sovrapposizione tra l’aumento contrattuale e il bonus Irpef, che comunque, specifica Madia, riguarda una platea “non superiore ai 200 mila” dipendenti.
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