L’atto di indirizzo inviato all’Aran dal Miur per il rinnovo del contratto scuola, presenta già una lacuna non di poco conto, ovvero non vi è traccia della formazione obbligatoria.
Infatti, scrive Italia Oggi, l’omissione rischia di lasciare senza regole una parte dei nuovi obblighi dei docenti, introdotti dalla legge 107/2015, in ciò ponendo le basi per l’ennesimo contenzioso seriale. Il comma 124, dell’articolo 1 della legge, infatti, dispone che: “Nell’ambito degli adempimenti connessi alla funzione docente, la formazione in servizio dei docenti di ruolo è obbligatoria, permanente e strutturale”. Prima dell’entrata in vigore della legge, invece, la formazione era qualificata come diritto (si veda l’articolo 64, comma 1 del vigente contratto di lavoro).
In poche parole, la formazione è appunto obbligatoria e rientra a pieno titolo nella prestazione.
In merito è bene prendere in riferimento la legge 107/2015, che prevede un aumento proporzionale della controprestazione se aumenta la prestazione dell’insegnante, ovvero, più il docente lavora e maggiore sarà la paga, come riporta anche l’articolo 36 della Costituzione.
Ma la faccenda è ancora più complessa: infatti, “i rapporti di lavoro pubblico contrattualizzato sono regolati esclusivamente dai contratti collettivi e dalle leggi sul rapporto di lavoro privato, recita l’orientamento n. 21744 del 14 ottobre 2009 delle Sezioni unite della Corte di Cassazione. Da ciò, ne discende che la formazione dei docenti deve essere regolata dalla contrattazione collettiva. Pertanto, è l’amministrazione che deve retribuire tale obbligo.
Il governo però, non ha parlato della formazione dei docenti, facendo propendere che in assenza di una qualificazione tipica all’interno del contratto, la formazione dei docenti non potrebbe che rientrare tra le attività funzionali all’insegnamento. Peccato che l’atto di indirizzo non faccia alcun riferimento nemmeno in questo caso: il documento inviato all’Aran si limita infatti, prosegue Italia Oggi, a prescrivere la definizione dell’attività funzionali all’insegnamento. Il tutto con particolare riferimento agli oneri sostenuti dai docenti nella progettazione individuale e collegiale delle attività didattiche, nella valutazione degli alunni, nella ricerca e nei rapporti con le famiglie, le istituzioni e il territorio.
Non sarebbe tuttavia la prima volta che le attività di formazione possano rientrare fra le attività funzionali dell’insegnamento: il Tribunale di Verona, infatti, con una sentenza emessa il 20 gennaio 2011 (n.46) ha condannato l’amministrazione a retribuire alcuni docenti che avevano prestato attività di formazione obbligatoria in materia di sicurezza, qualificando le relative ore come attività aggiuntive funzionali all’insegnamento e in ciò applicando i relativi parametri contrattuali.
E’ importante quindi che l’amministrazione torni sul documento inviato all’Aran e faccia un’integrazione, altrimenti le conseguenze potrebbero comunque essere 2: o la norma sulla formazione viene dichiarata incostituzionale, oppure, lo svolgimento della formazione dovrà rientrare necessariamente nel monte ore delle attività funzionali all’insegnamento di natura collegiale (riunioni del collegio dei docenti). E una volta sforato il limite delle 40 ore retribuito a parte con possibile insorgenza di danno erariale.
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