Il rinnovo del contratto Istruzione 2019-21 sottoscritto all’Aran il 18 gennaio non piace ai sindacati di base, in particolare alla Cub Scuola, che parla di aumenti irrisori perchè “inferiori al 6% della retribuzione e quindi del 14% sotto l’inflazione del 20% su base triennale”.
Per il sindacato l’incremento è minimale. Come pure quello che si andrà a realizzare dopo: “anche i fondi previsti per il contratto 2022-2024, fra i due e i tre miliardi di euro, corrispondono anch’essi ad incrementi della retribuzioni di nuovo assolutamente inferiori al 6%”, sostiene la Cub che annuncia la mobilitazione della categoria.
“Il rinnovo di ieri – afferma il coordinatore nazionale del sindacato Cub-Sur (Scuola università ricerca), Cosimo Scarinzi – è un vero e proprio parto podalico. E si colloca nel solco di una serie di contratti che hanno determinato la riduzione continua e pesante negli anni delle retribuzioni”.
Il sindacalista sostiene che “dopo tre anni dalla chiusura del precedente contratto gli aumenti retributivi previsti, ma più che di aumenti si deve parlare di un assai parziale recupero dell’inflazione, di 124 euro lordi per i docenti e di 96 euro lordi per il personale amministrativo, tecnico ed ausiliario”: queste somme “sono del tutto insufficienti a ristorare il semplice potere d’acquisto. È necessario tornare all’indicizzazione dei salari, la vecchia scala mobile”.
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