La firma del CCNL relativo al triennio 2019-2021 siglato il 14 luglio u.s. dai sindacati concertativi (tranne la UIL che si è momentaneamente tirata fuori) è in apparenza una buona notizia sul piano economico con la diffusione di cifre che mediamente indicano incrementi lordi di € 124,40 per i docenti e € 96,72 per il personale ATA (forbice troppo ampia tra docenti e ATA, a cui si aggiunge l’ormai obsoleta differenziazione all’interno dei docenti della scuola dell’infanzia e primaria e della secondaria di I e II grado, dato che entrambe le figure prevedono la laurea come titolo di accesso).
Ci sono due aspetti che rendono questa notizia non falsa, ma mistificante: l’idea che il personale della scuola (docente e ATA) ha avuto seppur in ritardo un rinnovo che porta aumenti stipendiali consistenti; la realtà è ben diversa, poiché le cifre (lorde) fissate devono essere riviste rispetto alla loro consistenza sostanziale, legata al potere d’acquisto e alle reali dinamiche inflazionistiche. Inoltre, va evidenziato che vengono propagandati gli aumenti per le fasce più alte del personale scolastico, mascherando l’ampio divario interno tra le retribuzioni dei vari profili.
In sintesi, innanzitutto occorre sottolineare che delle cifre medie indicate l’incremento effettivo previsto dall’attuale accordo è di € 24/26 (lordi), poiché la somma complessiva riassorbe quanto già erogato a dicembre con l’anticipazione contrattata a novembre 2022 (96% dell’aumento complessivo); va rimarcata una corretta comunicazione, per evitare che docenti e ATA si possano aspettare aumenti ulteriori rispetto a quanto già avuto da dicembre 2022.
Ma la questione più importante è il rapporto con l’inflazione e il potere di acquisto: dagli anni della pandemia, e in particolare nel triennio 2020-2022, la fiammata inflazionistica, causata dalla speculazione internazionale che ha provocato l’impennata delle tariffe energetiche e delle materie prime, ha riacceso l’aumento dei prezzi di circa il 15% su base annua (a stare bassi); nel 2022 si è registrato un aumento su base annua dell’8,1%, nei primi mesi del 2023 dell’8,5%, con una proiezione annuale per l’anno in corso del 10%: ricordiamo che nel 2021 l’aumento fu dell’1,9%.
È evidente che gli incrementi predisposti dal CCNL relativo al triennio 2019-2021 (quindi, con un ritardo di ben 4 anni, come avviene ormai in modo strutturale) non coprono minimamente tali dinamiche inflazionistiche e la conseguente erosione del potere di acquisto; il recupero in termini reali del potere d’acquisto si aggira quindi, a grandi linee, sul 3% – 5%.
In vista del rinnovo economico del triennio 2022-2024(anch’esso già destinato a realizzarsi nel suo stesso scadere), si dovrà tener conto di questi fenomeni di erosione di reddito per i/le lavoratori e lavoratrici della scuola, reintroducendo per legge un meccanismo automatico di difesa dei salari reali dall’inflazione. Non ci sono quindi dubbi: la rivendicazione per il prossimo rinnovo economico per il triennio 2022-2024 non dovrà essere ridotta ad aumenti di una cifra percentuale.
COBAS Scuola – aderenti alla Confederazione COBAS
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