È di poco superiore all’ultimo aumento contrattuale, l’incremento che il Governo ha proposto ai sindacati: per i 3,3 milioni di lavoratori pubblici, l’aumento degli stipendi relativo alla tornata contrattuale 2019-2021, arriva infatti al 3,7%. Contro il 3,48% (85 euro medi) garantito nel 2018, dopo quasi un decennio di blocco. L’attuale stanziamento complessivo a regime, sarebbe attorno ai 6 miliardi di euro, equivalenti a un rialzo medio in busta paga di circa 100 euro lordi mensili a testa. La stima è dell’Aran ed è stata resa pubblica in occasione della presentazione del Rapporto semestrale sulle retribuzioni.
L’Aran, l’Agenzia che segue in rappresentanza del Governo la contrattazione nella P.A., ricorda come con la legge di Bilancio per il 2020 le risorse appostate sul rinnovo sforino i 3,4 miliardi. Ma in manovra compaiono solo gli stanziamenti per gli incrementi dei settori statali, dai ministeri alla scuola. Al resto, enti locali e sanità, dovranno provvedere Comuni e Regioni con le loro risorse.
Sommando i due stanziamenti, considerando anche le disponibilità per le forze dell’ordine, per l’Aran l’ammontare complessivo necessario ad alimentare la tornata contrattuale 2019-2021 arriva, appunto, a 6 miliardi di euro.
Il presidente dell’Aran, Antonio Naddeo, ha confermato che l’incremento assicurato sarebbe “lievemente superiore al precedente“, quello relativo al trenino 2016-2018.
Nel corso della presentazione del Rapporto sulle retribuzioni nel pubblico impiego è stata ricordata anche la richiesta dei sindacati, arrivata giusto ieri, per innalzare lo stanziamento per i rinnovi di altri 1,5 miliardi di euro. Aggiunta che farebbe salire l’aumento medio pro-capite a circa, si stima, 125 euro medi mensili lordi: una richiesta che però l’Aran non sembra avere accolto.
I commenti dei sindacati sono indicativi. “Il ministro della Funzione pubblica Dadone ha riportato oggi cifre apparentemente cospicue per il rinnovo dei contratti dei dipendenti pubblici, ma come ha rilevato la stessa Aran queste non sono sufficienti a recuperare il gap con gli incrementi avuti negli ultimi undici anni dai lavoratori di altri settori produttivi”, ha detto il segretario confederale della Cisl, Ignazio Ganga.
“L’Aran ipotizza – ha aggiunto il sindacalista – un aumento di circa 100 euro lordi a regime con i prossimi contratti. Va detto in premessa che stiamo parlando di contratti che nell’eventualità di un rinnovo potranno essere sottoscritti non prima del 2021“.
Gango conferma che “le stesse federazioni del pubblico impiego denunciano che mancano all’appello non meno di 1,5 miliardi di euro”.
Si tratta di salari, ha aggiunto il rappresentante Cisl, che “hanno subito, per un decennio intero (caso di rilevanza internazionale), un blocco assoluto che ha causato, mediamente, una perdita del potere d’acquisto certificata dalla stessa Aran che attesta il disallineamento fra stipendi pubblici e privati negli ultimi 11 anni del 12,4% rispetto alle retribuzioni dell’industria e del 7,3% per quelle dei servizi privati”.
Ne consegue che “quindi che tale perdita non potrà essere compensata da un incremento del 3,72%”.
Ecco che, sottolinea, “bene hanno fatto, quindi, le nostre Federazioni del settore pubblico a promuovere le iniziative di mobilitazione per le prossime settimane“.
Quelle che nella scuola sono state già proclamate, con lo sciopero dei precari – organizzato per il prossimo 17 marzo – che per come si stanno mettendo le cose potrebbe presto tramutarsi in una giornata di protesta generale.
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