Il 23 dicembre è arrivata la firma sul rinnovo del contratto per 247mila statali (in particolari quelli dei ministeri, dell’Inps e dell’Inail). Il grosso dei dipendenti della Pubblica amministrazione (circa 2,7 milioni di euro) è ancora in attesa del rinnovo.
Nel dicembre 2009 si è arrivati al blocco del rinnovo dei contratti della pubblica amministrazione (governo Berlusconi) rinnovato poi nelle manovre finanziarie successive. Nel giugno 2015, però, la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo la prosecuzione del blocco. A novembre 2016 si è arrivati all’intesa tra governo e sindacati con un aumento medio mensile di almeno 85 euro, la distribuzione dell’aumento che favorisce chi ha di meno, mentre i premi, i salari accessori e welfare integrativo.
Nel 2017 si è arrivati a 4 tavoli di contrattazione all’Aran per comparti: ministeri (250.000 dipendenti), sanità (800.000), istruzione (1.200.000), locali e altri (1.000.000).
Il 23 dicembre, dunque, la firma del contratto apripista con aumenti medi da 85 euro a mese, variabili da 63 a 117 al mese (dunque 1.019 a 1.506 all’anno). Ora il governo vuole completare l’intera procedura, con chiari intenti elettorali, per riconquistare il consenso in vista delle elezioni (aumenti salariali e arretrati con una tantum stimati in 570 euro).
Il primo passaggio è la consegna da parte dell’Aran della relazione tecnica del contratto che verrà trasmessa al governo. Il testo sarà poi trasmesso alla Corte dei Conti che dovrà certificare la congruità delle cifre con gli stanziamenti in legge di bilancio.
Poi tornerà all’Aran per la firma definitiva di governo e sindacati. In tutto una decina di giorni, poi toccherà agli altri comparti, con la scuola inclusa. E proprio quello della scuola, dell’università e della ricerca, è il rinnovo contrattuale più atteso.
La Tecnica della Scuola, con costanti aggiornamenti, informerà i lettori sulla trattativa tra sindacati e governo.
Il rinnovo del comparto scuola-università arriverebbe dopo otto anni dal blocco. E nelle intenzioni della Cgil ci sarebbe anche il tentativo di modificare qualcosa della Legge 107/2015: “Vorremmo rimettere mano a tante cose della Buona Scuola che non ci sono piaciute”, afferma a La Stampa il segretario confederale Cgil, Franco Martini.
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