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Riorganizzazione didattica universitaria e “numero chiuso”

Dopo aver acquisito  i pareri del Consiglio universitario nazionale (Cun), della Conferenza dei rettori delle università italiane (Crui), del Consiglio nazionale degli studenti universitari (Cnsu), cui nello scorso mese di settembre era stato trasmesso iltesto degli schemi riguardanti i corsi triennali e quelli di laurea magistrale (come adesso è definito il biennio della laurea specialistica), inoltratoanche alle competenti Commissioni parlamentari, che a loro volta hanno espresso il loro parere, il ministro Fabio Mussi ha emanato il nuovo provvedimento normativo lo scorso 16 marzo, ad un anno esatto di distanza dalla firma di Letizia Moratti (16 marzo 2006) del precedente decreto riguardante la rideterminazione delle classi di laurea (anche in base a quanto maturato nell’ambito dei “tavoli tecnici” appositamente costituiti), che la Corte dei Conti aveva rinviato (con nota del 5 maggio scorso) al Ministero per le opportune correzioni e che l’attuale Ministro dell’Università e della Ricerca aveva successivamente ritirato.
Il nuovo testo presenta modifiche nella disciplina dei corsi. Tra le novità, un massimo di 20 esami per le lauree triennali e di 12 per le lauree magistrali (ad eccezione di quelli regolati da normative dell’Unione Europea), con il conseguente invito, per le Università, ad aggregare più moduli, così da consentire una minore frammentazione didattica e uniche prove finali.
Inoltre, per gli studenti che nell’ambito di una stessa classe di laurea o di laurea magistrale si trasferiscano da un Ateneo ad un altro, o anche soltanto cambino corso,è prevista la garanzia di avere riconosciuta almeno la metà dei crediti, relativi al medesimo settore scientifico-disciplinare, già accumulati.
Viene anche specificato che i crediti formativi riconducibili alle conoscenze e alle abilità professionali certificate individualmente o maturate in attività formative di livello post-secondario, alla cui progettazione e realizzazione abbia concorso l’Università, non possono superare il limite di 60 per la laurea triennale e di 40 per quella magistrale. Peraltro, le attività già riconosciute come crediti formativi nell’ambito di corsi di laurea non possono far scaturire l’attribuzione di nuovi crediti nei corsi di laurea magistrale.
 
Nella stessa data del 16 marzo 2007, il ministro dell’Università e della Ricerca, Fabio Mussi, ha inviato ai rettori degli Atenei italiani una nota che ha per oggetto “Programmazione dei corsi universitari”,con la quale li ha invitati a limitare le previsioni del “numero chiuso” alle sole Facoltà per le quali è previsto per legge (Medicina e Chirurgia, Architettura, Ingegneria e Medicina Veterinaria).
In effetti, negli ultimi anni i corsi di studio universitari che hanno fatto ricorso una prova di selezione per l’iscrizione sono aumentati in maniera vertiginosa, arrivando nel 2006 ad oltre mille.
Nella nota ministeriale viene precisato che “ogni limitazione del numero degli accessi al di fuori delle fattispecie indicate dalla legge, costituisce una ingiustificata limitazione del diritto allo studio, garantito dall’articolo 34 della Costituzione, in più casi censurata dai giudici amministrativi”.
Per ribattere ai rettori che in alcuni casi ritengono gli accesi programmati necessari a causa di problemi strutturali delle Università, per la carenza di aule e laboratori, Mussi specifica che in caso di previsione di un numero elevato di studenti gli Atenei, “anziché ricorrere al numero chiuso”, valutino una “più razionale utilizzazione delle risorse a disposizione, riducendo i corsi attivati, con frequenza non significativa, e duplicando o triplicando i corsi con prevedibile maggiore affollamento”.
 
Andrea Toscano

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