“Tante scuole paritarie, un’eccellenza del nostro Paese, rischiano di non poter riaprire. Tante famiglie, magari colpite dalla crisi scatenata dal Covid, avranno grandi difficoltà ad iscrivere i propri figli in questi istituti. I genitori che decidono di seguire questo percorso abbiano la possibilità di dedurre le rette pagate per la scuola. Chiediamo che questa misura sia inserita nel decreto Agosto e lavoreremo in Parlamento per realizzare questa proposta. Bisogna garantire alle famiglie la libertà di scelta educativa, sancita anche dalla nostra Costituzione”.
Così si è espressa in una nota Mariastella Gelmini, capogruppo di Forza Italia alla Camera, fotografando una realtà scolastica che il Governo sembra voler ignorare e disattendere.
A nulla o quasi sono valse le manifestazioni, le “maratone” per la Famiglia e la Scuola, il Web pressing parlamentare, i flash mob fuori da Montecitorio, attivati da docenti, studenti genitori e operatori delle scuole paritarie.
Le belle promesse che assicuravano: “Non lasceremo indietro nessuno”, sono rimaste parole al vento e la concretezza dei fatti descrive che a Settembre tante scuole cattoliche non apriranno, i genitori che non potranno pagare le rette opteranno, loro malgrado, per le scuole statali già in grosse difficoltà per la sistemazione degli alunni, e i nuovi non potranno essere accolti per mancanza di aule e di spazi, determinando in alcuni casi una “lista di attesa”: e questa si chiama “parità scolastica”!
Secondo Suor Anna Monia Alfieri, paladina della scuola paritaria, sostenitrice del “costo standard per studente”, promotrice in questi 160 giorni di emergenza Covid-19 di numerose battaglie condotte tra i Gruppi parlamentari, l’unica possibilità per garantire un regolare avvio dell’anno scolastico sono i Patti educativi statali e paritarie, per assicurare autonomia alla scuola statale e libertà alle paritarie, consentendo almeno lo sgravio fiscale delle rette scolastiche, anche in ragione del fatto che le famiglie che scelgono la scuola “pubblica-paritaria” sgravano lo Stato di sei miliardi di euro.
Tra i “Patti educativi” si propone che gli studenti che non potranno essere accolti nelle scuole statali per mancanza di aule e di spazi adeguati potrebbero spostarsi nelle scuole paritarie, beneficiando queste di una “quota capitaria” che abbia come tetto massimo il costo medio studente o “costo standard di sostenibilità per allievo”.
In questi giorni sono state pubblicate le graduatorie dei Progetti PON e per la prima volta è stato consentito anche alle scuole paritarie di eccedere, ma, a causa delle molteplici difficoltà e della ristrettezza dei tempi alle scuole paritarie che hanno aderito, sono riconosciute poche centinaia di euro, e per di più con la postilla “Ammessi con riserva” mentre le scuole statali, che hanno chiesto fondi che arrivano fino a 150 mila euro, trovano la dicitura “Valutato”.
Non si comprende il significato di tale “riserva”. Che cosa vuol dire? Forse, che occorre provare il carattere non commerciale della scuola paritaria? Elemento, questo, ben noto alla burocrazia ministeriale.
Mentre il Presidente della Repubblica dichiara che “la riapertura della scuola costituisce obiettivo primario da costruire in un clima che auspico di collaborazione e di condivisione” ed il premier Conte garantisce la regolare riapertura delle scuole, si costata che in realtà il diritto all’Istruzione non riparte, come denuncia la seconda lettera aperta a firma di varie associazioni, dove si legge che: “Il diritto all’istruzione e all’educazione o è garantito a tutti o non è più un “diritto”, ma un privilegio per ricchi, in spregio del volere costituzionale”.
La didattica a distanza – DAD, annunciata per le scuole superiori, riproporrà il problema che tanti studenti delle periferie saranno ancora una volta “discriminati” e rimarranno ai margini o privati del “diritto all’istruzione”.
Solo se cadranno i teli delle prevenzioni ideologiche si costruirà, post Covid, una scuola nuova, libera, autonoma, efficiente e di qualità in un sistema di servizio pubblico integrato.
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