Un Paese che non si ribella alla distruzione della scuola pubblica o che non si rende conto di cosa sia avvenendo, è un paese morto, è un Paese spento dentro, è un Paese da encefalogramma piatto.
È un Paese in cui chi ha ancora spirito critico e lo esprime, viene prima ridicolizzato dal proprio governo e poi relegato dai media in un angolino, bollato dall’inetto di turno come “minoranza chiassosa”.
Un Paese in cui il Governo fatto di “poltronari ministeriali” e “poltronisti televisivi” mette in moto, contro chi obietta, la macchina del fango: i tirapiedi del Pd classificano le proteste come resistenza di una classe docente privilegiata e irriconoscente, ostile al cambiamento e alla valutazione in quanto impreparata; il Ministro dell’istruzione offende gli insegnanti accusandoli di essere aggressivi se pretendono di essere ascoltati, squadristi se protestano e abulici se non rispondono alle provocazioni…
E l’opinione pubblica che dice? Il Paese cosa fa? Una parte resta apatica, indifferente, impermeabile a tutto, volutamente disinformata, come se fosse un problema di pochi, come se fossero beghe che non la riguardano; un’altra parte si scaglia beceramente contro gli insegnanti perché sono quelli che “hanno tre mesi di vacanze, lavorano solo 18 ore e nessuno li caccia via”…e in un momento storico in cui il lavoro non c’è per nessuno, gli insegnanti sono i perfetti capri espiatori.
Cosa ci si può aspettare da un paese psicologicamente ed economicamente stremato, da “mani pulite”, “tangentopoli”, “mafia capitale”, “bunga bunga” e riforme sbagliate di cui tutti pagano i danni, soprattutto pensionati, giovani e precari?
Cosa ci si può aspettare da un Paese ormai disgustato dalla sovrabbondanza di notizie mediatiche fuorvianti e ormai incapace di distinguere tra ciò che è vero e ciò che è falso? Cosa ci si può aspettare da un Paese in cui da tutti i politicanti di turno vengono fomentati l’odio tra pari e la guerra tra poveri?
Forse è proprio da noi insegnanti che ci si dovrebbe aspettare qualcosa, è da noi che dovrebbe ripartire una scintilla…
La forza di reagire, compatti e unitari, di riacquistare spirito di corpo e orgoglio di appartenenza alla categoria, di riprenderci la dignità del compito educativo che svolgiamo, che non è un normale lavoro, ma un ruolo sociale fatto di passione e dedizione. E soprattutto la volontà di riqualificare il nostro ruolo nella società italiana, di recuperare la stima e il rispetto della società civile contro ogni tentativo nei svilimento da parte del governo di turno.
Perché i Governi e i politicanti passano, la forza e i frutti dell’istruzione restano.
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