Sulle modalità di riapertura delle scuole a settembre si stanno scontrando due diverse “filosofie”, almeno secondo quanto si legge nei social.
Per il momento, la linea vincente sembra essere quella “centralista”: le scuole devono essere aperte (o rimanere chiuse, a seconda dei casi) in modo uniforme e con regole del tutto identiche da Belluno fino a Trapani.
Ma si sta facendo strada anche una posizione di apertura alle autonomie locali: molti, infatti, sostengono che solo chi sta a Belluno ed opera in quel contesto conosce le caratteristiche del territorio, le strutture, la popolazione scolastica e le modalità di funzionamento dei servizi collaterali (trasporti innanzitutto).
I “centralisti”, però, obiettano che lasciando troppa autonomia ai territori si rischia di far venir meno il carattere unitario del sistema scolastico nazionale e temono che una soluzione del genere potrebbe rappresentare il primo passo verso l’autonomia differenziata che molti considerano la morte sicura della scuola così come l’abbiamo conosciuta fino ad ora.
I problemi che si dovranno affrontare con la riapertura saranno però davvero tanti e molto spesso legati proprio alle caratteristiche del territorio.
Per esempio nelle grandi città gli orari scolastici (soprattutto nelle secondarie di secondo grado) saranno inevitabilmente molto legati anche al funzionamento dei trasporti pubblici.
Per le scuole dell’infanzia si dovrà fare necessariamente i conti con situazioni locali del tutto particolari: ci sono nel Paese migliaia di scuole monosezioni che accolgono cioè una sola sezione (si tratta prevalentemente di scuole collocate nelle frazioni o nei piccoli centri) e che quindi non possono essere considerate alla stregua di scuole di città di 5 o anche 10 sezioni.
Ovviamente i “centralisti” hanno le loro buone ragioni e sostengono che si dovrà tenere conto anche delle situazioni locali da trattare però come “eccezioni” rispetto a regole che dovranno valere per tutti.
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