Ritorna con una certa frequenza e da più fronti la proposta di ripristinare lo studio del latino sin all’inizio e per tutta la durata della scuola secondaria di primo grado.
Il latino fu abolito nella scuola media a partire dall’anno scolastico 1977/78, a seguito dell’approvazione della Legge n. 348 del 16 giugno1977. Fu la stessa legge, lo ricordiamo per inciso e per segnalare una serie di aperture che modificarono sensibilmente questo segmento dell’istruzione, che abolì la differenza di sesso nella disciplina educazione tecnica.
Per tornare dunque allo studio del latino, secondo la normativa appena citata da quell’anno in poi la disciplina linguistica poteva essere studiata solo sulla base di progetti o sperimentazioni.
Nel corso degli ormai oltre 40 anni, la popolarità del latino come disciplina scolastica ha dovuto fare i conti con una tradizione, che da un lato aveva garantito a generazioni di studenti dei licei una sorta di marcia in più, dall’altro aveva finito con il diventare un mero esercizio di grammatica e traduzione, allontanandosi sempre più dal vissuto e dai bisogni formativi degli studenti.
Inoltre, l’avvento massiccio della lingua inglese e delle lingue straniere in generale ha portato in oltre quattro decadi nuova linfa allo studio delle lingue moderne, introducendo metodi e approcci che poco si adattavano all’apprendimento di una lingua non viva, confinata appunto solo nei licei.
Sporadicamente e poi con una discreta regolarità il numero di latinisti e di coloro che sono favorevoli allo studio precoce della lingua è cresciuto. Il paradosso nasce dal fatto che per secoli il latino è stato una lingua franca, similmente a come è oggi la lingua inglese. Da un lato dunque una lingua morta, ma forte di tradizione e nobiltà, dall’altro una lingua moderna e viva, che quasi paradossalmente appunto si pone come antagonista.
A cercare di mettere le cose in equilibrio ci provano in molti da anni. E’ celebre l’episodio delle dimissioni di Benedetto XVI, che nel febbraio del 2013 annunciò in una conferenza stampa le sue dimissioni in latino e furono davvero in pochissimi a cogliere l’eccezionalità dell’evento in prima battuta, proprio perchè anche tra i giornalisti delle ultime generazioni il latino nel migliore dei casi è noto come lingua da tradurre.
Tra i fautori del rientro del latino vi sono docenti ed esperti che nello studio della lingua antica vedono un grande supporto alle abilità necessarie all’apprendimento, poiché sostiene la formazione di uno stile di pensiero basato sull’ordine e la posizione precisa dei vocaboli nella frase, e favorisce la logica, poiché è attraverso questa che si ricostruisce la relazione tra le parole.
Inoltre, nessuno ha dubbi sul miglioramento che lo studio del latino può portare all’uso e alla conoscenza dell’italiano.
Esiste una serie di risorse per promuovere l’uso del latino, a partire sin dall’ultimo anno della scuola primaria.
Adulescens, edita da Eli, è una rivista che che permette di conoscere la lingua e la civiltà dell’antica Roma grazie ai vocabolari illustrati e agli articoli, ma dimostra anche la straordinaria vitalità del latino, grazie alle tante rubriche di attualità. Ogni mese un inserto cartonato con adesivi e fai da te.
Anche il mondo delle App si è arricchito di risorse digitali per supportare lo studio del latino. Ne citiamo solo alcune, tra le tante disponibili in rete.
My Latino, per avere sempre a portata di mano declinazioni, verbi e in generale tutta la grammatica.
Il latinista, un supporto completo, ma studiato soprattutto per chi dovrà sostenere l’Esame di Stato finale.
Latinorum, molto utili per le traduzioni e per l’archivio di verbi.
Inoltre, non sono poche le applicazioni per le lingue straniere che comprendono anche il latino, tra queste per esempio Duolingo, e delle piattaforme specifiche, come Lezioni di Latino.
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