I genitori di una minore affetta da handicap di particolare gravità secondo la legge 104/1992, alla quale il Piano educativo individuale elaborato dagli organi competenti aveva assegnato 17 ore settimanali di sostegno, si sono rivolti alla giustizia amministrativa perché di fatto l’istituto scolastico aveva nei fatti attribuito solo 14 ore.
E il Tar avevano ordinato che il monte ore previsto venisse rispettato, concedendo il risarcimento dei danni non patrimoniali subiti dalla famiglia, liquidati in via equitativa nella misura di 500 euro per ogni mese di mancata fruizione, per un totale di circa 5mila euro.
Di fronte all’opposizione dell’amministrazione scolastica la famiglia si è rivolta al Consiglio di stato che nella sentenza 1286/2016 ha deliberato che l’assegnazione delle ore di sostegno ad un minore portatore di handicap grave non coincidenti con quelle indicate nel Piano educativo individuale, determinando una lesione del diritto allo studio dell’alunno disabile, che assume un rango fondamentale nella nostra Costituzione e che, in quanto tale, legittima la richiesta di risarcimento del danno non patrimoniale subito, in base all’articolo 2059 Cc.
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Il Consiglio di Stato, riporta Il Sole 24 Ore, afferma che «la riduzione del fondamentale supporto del sostegno educativo erogato al disabile costituisce fonte di danno non patrimoniale secondo l’articolo 2059 Cc qualificabile come danno esistenziale», in quanto il diritto all’istruzione del minore portatore di handicap ha nella nostra Costituzione rango di diritto fondamentale che come tale deve essere rispettato. Quanto alla prova e alla liquidazione equitativa, poi, la delicata e particolare situazione di specie consente il ricorso ad una valutazione equitativa da parte del giudice. E tenuto conto della particolare inabilità del minore e del periodo di mancata fruizione delle ore di sostegno, ovvero 3 ore sulle 17 assegnate, pare equa la quantificazione del danno in 500 euro mensili.
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