Finalmente qualcuno comincia dirlo e a scriverlo: quello che si è abbattuto sull’Italia tra fine ottobre e inizio di novembre è stato un uragano autentico. Un uragano (il primo nella storia trimillenaria d’Italia) della classe 2 della scala Saffir-Simpson: un uragano “moderato” (il grado “disastroso” è 5), con velocità dei venti compresa tra 154 e 177 kmh.
Quegli stessi venti che hanno devastato tutta Italia, sradicando centinaia di migliaia di alberi plurisecolari nelle province di Trento e Belluno e schiantandone migliaia nel Lazio, mentre in Sicilia nove persone morivano per un’esondazione, parte di Venezia veniva sommersa, gran parte del Veneto era alluvionata, onde enormi distruggevano i porti liguri, con danni per almeno 3 miliardi
in tutta Italia.
Sciacallaggi politici a parte, la distruzione degli alberi di Roma e di parte della Penisola dimostra una verità molto semplice: il clima sta cambiando a velocità tale che le piante mediterranee non possono sopravvivere.
La Scuola non può non farsi carico d’informare i giovani del pericolo incombente, ormai certificato da tutti gli scienziati, e negato soltanto da gruppuscoli minoritari (ma spesso potenti) di persone non informate o interessate a negare l’evidenza.
Il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Intergovernmental Panel on Climate Change – IPCC), istituito dall’ONU, ha elaborato alcuni modelli climatici. Da questi modelli si desume per il XXI secolo un possibile aumento della temperatura media globale che va da 1,4 5,8 gradi centigradi. Con un video lungo soli 52 secondi, la NASA ha dimostrato l’aumento del calore globale dal 1884, mettendo in evidenza il rialzo improvviso che le temperature hanno subito negli ultimi 20 anni.
Tutti gli ecosistemi saranno sconvolti dall’alterazione chimica dell’atmosfera.
L’aumento delle temperature comporterà un aumento dell’energia termica presente, con conseguenti eventi meteorologici estremi: alluvioni, cicloni, ondate di caldo e di gelo estremi, siccità. Le calotte polari ed i ghiacciai interni si scioglieranno, provocando il sollevamento del livello degli oceani ed il conseguente restringimento delle terre emerse.
I nostri lettori sono avveduti, e sicuramente già sanno tutto ciò. Tuttavia è molto difficile immaginare tutte le conseguenze concrete del riscaldamento globale sul sistema pianeta. Infatti, il clima terrestre non è un sistema lineare, e le variabili in gioco sono moltissime. La climatologia, pertanto, può dimostrare le tendenze in atto, non le previsioni sul breve periodo, che sono invece compito della meteorologia.
Siamo dunque autorizzati a porci le seguenti domande: come possono i potenti della Terra fingere di ignorare tutto ciò? Sono realmente ignoranti? Sono realmente stupidi? O fingono di esserlo? E se fingono di essere ignoranti come analfabeti e stupidi come aristocratici del ‘600, perché lo fanno? Da quali interessi sono mossi? E se sacrificano il proprio futuro e il nostro a ben precisi interessi, non è allora davvero lecito considerarli poco intelligenti? O sono talmente accecati dalla brama di potere e denaro da dimenticare e calpestare persino se stessi, i propri figli e nipoti, la propria coscienza?
Dal 1979 ad oggi le conferenze mondiali sul clima si sono susseguite con regolarità, così come gli accordi internazionali per diminuire la produzione di gas-serra. O meglio, per diminuirne l’aumento esponenziale. O meglio ancora, per dare l’impressione che si faccia qualcosa… senza però intaccare gli interessi delle grandi multinazionali dell’energia; le quali a tutto sono intenzionate tranne che a danneggiare i propri stratosferici utili legati all’estrazione di petrolio, carbone, gas naturale. In un mondo neoliberista, dove unica legge è quella del profitto massimo ed immediato, chiedere alle titaniche corporation (che controllano i governi di tutto il pianeta) di rinunciare a un dollaro per il benessere comune significa essere guardati come idioti nella migliore delle ipotesi, come sovversivi pericolosi nella peggiore.
E così nessuno critica il modello di sviluppo imperante, mentre continuiamo beatamente a immettere nell’atmosfera ogni anno 26 miliardi di tonnellate di CO2. Ossia 71 milioni di tonnellate al giorno, e 824 tonnellate al secondo. Un volume immenso e in costante, geometrico aumento. Pur essendo tecnicamente possibile produrre la medesima potenza energetica con energie rinnovabili!
Orbene, quale deficiente oligofrenico potrebbe pensare che tutto ciò non abbia effetto sull’atmosfera? E infatti ce l’ha. In 250 anni di emissioni (dovute alla combustione sempre più massiccia di combustibili fossili dalla rivoluzione industriale in poi), siamo riusciti a cambiare sensibilmente la composizione chimica dell’atmosfera, alterando il ciclo naturale del carbonio.
Abbiamo, in due secoli e mezzo, riportato indietro l’orologio climatico del pianeta a 120 milioni di anni fa, al tempo dei dinosauri, quando la CO2 nell’atmosfera era tanta da riscaldare il pianeta sino ad impedire la formazione delle calotte glaciali polari, permettendo ai grandi rettili di prosperare e di dominare il pianeta (sebbene non fossero animali “a sangue caldo” come noi mammiferi). Gli immensi giacimenti di combustibili fossili, formatisi dall’era denominata “carbonifero” in poi, rappresentano la “prigione” in cui la CO2 è stata rinchiusa (per nostra fortuna) fino alla rivoluzione industriale. Bruciando i combustibili fossili, noi liberiamo la CO2 da quella prigione, sprigionandone anche gli effetti letali sulla nostra atmosfera: la quale, infatti, in un tempo rapidissimo sta mutando il proprio “DNA” chimico, e ci sta riportando velocissimamente condizioni ambientali semplicemente non adatte alla sopravvivenza della maggior parte delle specie attualmente viventi. La letteratura scientifica in proposito è immensa (per farsene una sommaria idea, si veda per esempio qui, oppure qui, o ancora qui e qui).
Tutti i docenti di ogni disciplina devono sentirsi investiti dalla responsabilità di non chiudere gli occhi di fronte a tutto ciò, e di svegliare dal sonno della ragione i propri studenti. Si può fare ancora molto per fronteggiare la catastrofe e impedirla: ma la riscossa dell’umanità non può non partire dalla conoscenza e dalla consapevolezza del fenomeno e del rischio che esso comporta per il futuro stesso della civiltà umana; ecco perché bisogna che questa stessa riscossa parta proprio dai banchi delle scuole.
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