Bisogna applicare l’obbligo di valutazione del rischio da stress lavoro-correlato, cosa che non viene sempre fatta. Tale obbligo è stato introdotto esplicitamente nell’art. 28 del D. Lgs. 81/08, nel quale si prevede che il datore di lavoro valuti tutti i rischi “[…] tra i quali anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell’accordo europeo del 8/10/2004”.
Da questa legge discende la salvaguardia della salute psico-fisica dei docenti e l’obbligo di salvaguardarla. Ma fino ad oggi ila problematica dello SLC è stata blandamente affrontata e pochi medici e ne conoscono gli effetti e la gravità e pochi dirigenti scolastici hanno affrontato seriamente il problema.
Il burnout rappresenta, purtroppo, una realtà visibile e tangibile della scuola italiana per cui il lavoro dell’insegnante dall’infanzia alla scuola secondaria superiore di secondo grado è un lavoro che logora, pesante, impegnativo, che produce notevole stress psicofisico in quanto sottopone i docenti ad un continuo stato di tensione, dal momento che la mutazione generazionale degli alunni è diventata veloce causata da comportamenti ed azioni scorretti e dalla mancanza di considerazione sociale che alunni e famiglia hanno verso la categoria docente.
È da anni che il prof. Lodolo D’Oria (e lo ha ribadito recentemente con viva forza sulla base dei dati scientificamente provati) afferma che la professione docente è usurante e che il burnout deve essere riconosciuto quale malattia professionale che affligge il mondo della scuola perché i docenti sono sottoposti a ritmi di lavoro stressanti che generano condizioni di malessere e di disagio. Ai docenti deve essere riconosciuto per legge il collocamento a riposo anticipato perché non è pensabile che un insegnante possa reggere i ritmi fino a quasi settant’anni!
Ad aggravare la situazione di insofferenza degli insegnanti sono diversi fattori legati al fenomeno delle classi numerose, all’irrequietezza degli alunni, alla maleducazione o meglio ineducazione imperante, alla frustrazione di non sentirsi considerati dalla società creano condizioni difficili per cui andare avanti è veramente difficile. Considerato lo status quo della scuola italiana psicologi, medici sulla base degli studi scientifici condotti a livello internazionale hanno invitato la politica italiana a riconoscere l’insegnamento quale professione usurante.
Sì proprio così perché col tempo la professione di insegnante diventerà un mestiere da “trincea”, stritolati com’è da un sistema che non funziona e da una classe politica sorda e miope che si rifiuta di ascoltare il grido di dolore dei docenti che chiedono a gran voce un’inversione di rotta e di essere quantomeno supportati nel loro lavoro quotidiano in classe da figure professionali specializzate.
Com’è possibile pensare che un insegnante che è stato per quarant’anni dietro una cattedra possa continuare a starci con una generazione di adolescenti che non rispetta le regole della convivenza civile ed è continuamente proiettata nell’era digitale? È una cosa aberrante alla quale va posto, in tutti i modi possibili, rimedio da subito. Un docente per stare dietro una cattedra oggi deve avere diverse doti: forza, coraggio, pazienza e soprattutto tanta salute!
I docenti sono, invece, sottoposti quotidianamente ad uno stress psicofisico considerevole e di questo ne risente non solo il sistema nervoso, ma anche gli altri organi vitali.
Mario Bocola