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Risoluzione del rapporto di lavoro nella P.A. per inidoneità psicofisica

Il decreto distingue innanzitutto tra inidoneità psicofisica permanente assoluta e inidoneità psicofisica permanente relativa. La prima è lo stato di colui che, a causa di infermità o difetto fisico o mentale, si trovi nell’assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa. La seconda, invece, è la condizione di colui che, a causa di infermità o difetto fisico o mentale, si trovi nell’impossibilità permanente allo svolgimento di alcune o di tutte le mansioni dell’area, categoria o qualifica di inquadramento.

Per l’accertamento dell’inidoneità, l’avvio della procedura può partire sia da parte del dipendente interessato, sia dall’amministrazione di appartenenza. Nel caso in cui il dipendente presti servizio in un’amministrazione diversa rispetto a quella di appartenenza, la procedura viene attivata dall’amministrazione di appartenenza su segnalazione di quella presso cui il dipendente presta servizio. L’accertamento è effettuato dagli organi medici competenti che possono avvalersi per specifici accertamenti, analisi o esami del Servizio sanitario nazionale.
Qualunque sia il soggetto promotore, l’istanza per l’avvio della procedura deve avvenire dopo il superamento del periodo di prova.
E l’amministrazione può richiederlo in caso di assenza del dipendente per malattia, superato il primo periodo di conservazione del posto previsto nei contratti collettivi di riferimento; disturbi del comportamento gravi, evidenti e ripetuti, che fanno fondatamente presumere l’esistenza dell’inidoneità psichica permanente assoluta o relativa al servizio; condizioni fisiche che facciano presumere l’inidoneità fisica permanente assoluta o relativa al servizio.
A seconda del verificarsi di una delle precedenti situazioni e a seguito del riconoscimento dell’inidoneità psicofisica, l’amministrazione può procedere con provvedimenti differenti: nel caso di assenza del dipendente per malattia, ad esempio, può risolvere il rapporto di lavoro, previa comunicazione all’interessato entro 30 giorni dal ricevimento del verbale di accertamento medico. Negli altri due casi (disturbi del comportamento gravi, evidenti e ripetuti, che fanno fondatamente presumere l’esistenza dell’inidoneità psichica permanente assoluta o relativa al servizio e condizioni fisiche che facciano presumere l’inidoneità fisica permanente assoluta o relativa al servizio), l’amministrazione pone in atto ogni tentativo di recupero al servizio nelle strutture organizzative di settore, anche in mansioni equivalenti o di altro profilo professionale riferito alla posizione di inquadramento, valutando l’adeguatezza dell’assegnazione in riferimento all’esito dell’accertamento medico e ai titoli posseduti ed assicurando eventualmente un percorso di riqualificazione.
È anche possibile per l’amministrazione ricorrere alla sospensione cautelare dal servizio al verificarsi di una delle seguenti ipotesi:
a) in presenza di evidenti comportamenti che fanno ragionevolmente presumere l’esistenza dell’inidoneità psichica, quando gli stessi generano pericolo per la sicurezza o per l’incolumità del dipendente interessato, degli altri dipendenti o dell’utenza, prima che sia sottoposto alla visita di idoneità;
b) in presenza di condizioni fisiche che facciano presumere l’inidoneità fisica permanente assoluta o relativa al servizio, quando le stesse generano pericolo per la sicurezza o per l’incolumità del dipendente interessato, degli altri dipendenti o dell’utenza, prima che sia sottoposto alla visita di idoneità;
c) in caso di mancata presentazione del dipendente alla visita di idoneità, in assenza di giustificato motivo.
In tutti i casi, la sospensione cautelare dal servizio è valutabile ai fini dell’anzianità di servizio e può avere una durata massima complessiva di 180 giorni, salvo rinnovo o proroga, in presenza di giustificati motivi.
Lara La Gatta

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