È giunta l’ora di introdurre l’insegnamento della parità di genere. A chiedere al ministero dell’Istruzione l’inserimento della disciplina nei curricula scolastici è l’Unicef Italia, attraverso la petizione “No alla Violenza di genere: insegniamolo tra i banchi”.
Prevenzione ed Educazione civica
La richiesta giunge alla vigilia della Giornata internazionale dei diritti della donna ed ha l’obiettivo di consolidare la promozione della parità di genere e la prevenzione della violenza di genere nell’ambito dell’insegnamento dell’Educazione Civica nelle scuole, in sinergia con quanto previsto sia nel nuovo Piano nazionale d’azione per l’Infanzia e l’Adolescenza sia nel Piano nazionale sulla violenza maschile contro le donne.
Testimonial della campagna quest’anno è un uomo, l’attore comico, componente del Trio Medusa, Gabriele Corsi: già ambasciatore dell’Unicef Italia, Corsi vuole sottolineare che anche gli uomini vanno coinvolti nei percorsi sull’educazione alla parità di genere.
“Il ruolo che l’insegnamento dell’educazione civica nelle scuole ha assunto in questi ultimi anni è il luogo più idoneo all’insegnamento delle non violenza di genere per le scuole di ogni ordine e grado – ha commentato Carmela Pace, Presidente dell’Unicef Italia – È fondamentale incentivare l’informazione e il dibattito su temi connessi a stereotipi, discriminazione e violenza di genere coinvolgendo bambini e bambine, ragazzi e ragazze”.
Al Quirinale il premio “Giovani donne che progettano il futuro”
La mattina della Giornata Internazionale della Donna nella Sala degli Specchi, il Presidente della Repubblica e il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, premieranno le scuole vincitrici del concorso nazionale “Giovani donne che progettano il futuro”.
Alle ore 11, nel Salone dei Corazzieri del Palazzo del Quirinale, si svolgerà la cerimonia “Giovani donne che progettano il futuro“. in diretta su Rai 1 e condotta da Matilda De Angelis.
Porteranno la loro testimonianza Oksana Lyniv, direttrice d’orchestra ucraina del Teatro comunale di Bologna, e giovani donne impegnate in diversi campi dell’economia e del sociale: Tania Di Giovanni, Fabrizia Grassi, Giada Dalle Vedove, Evelyn Pereira e Federica Vasapollo.
Il trio composto dalla cantante Lucia Minetti, Andrea Zani, al pianoforte, e Martino Maina, al violoncello, eseguirà dei brani musicali.
Nel corso dell’evento – durante il quale sarà proiettato un filmato realizzato da Rai Cultura – interverrà la ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia, Elena Bonetti, e concluderà la cerimonia il discorso del Presidente Mattarella.
Bonetti sulla “creatività delle donne”
Proprio Elena Bonetti, ministra per le Pari opportunità e la famiglia ha detto che “lavoro, reddito, competenze, dimensione del tempo inteso come armonizzazione tra la vita lavorativa e familiare, potere e leadership femminile, sono i suoi cinque assi prioritari” di una riforma che porti più opportunità alle donne.
“Per crescere e guardare al futuro – ha detto Bonetti – il Paese ha bisogno del talento e della creatività delle donne, ed è il motivo per il quale investire in lavoro femminile per aumentarne quantità e qualità non è soltanto una questione di giustizia ma di efficienza del sistema Paese e di benessere per tutti. Ne sono consapevoli quelle aziende che da tempo promuovono politiche di inclusione e diversity per sostenere il lavoro delle donne, come emerge con chiarezza dalle interviste pubblicate su Gambero Rosso. Ne è pienamente consapevole il governo, che ha scelto di investire in modo prioritario sul lavoro femminile con azioni concrete, inserite nella prima Strategia nazionale per la parità di genere di cui, per la prima volta, il Paese si è dotato”.
La nuova Legge sulla parità salariale
Tra le iniziative, va segnalata quella di Livia Turco, presidente della Fondazione Nilde Iotti: durante l’incontro organizzato dall’Istituto Gramsci per presentare i contenuti della nuova Legge sulla parità salariale, Turco ha detto che in Italia manca “il pilastro delle politiche sociali e il welfare sociale, abbiamo un sovrabbondare di bonus e trasferimenti monetari per qualunque cosa. Questa legge è molto affidata alla costruzione del welfare sociale, bisogna costruirlo in tempi rapidi perché si risolva la discriminazione delle donne”.
“Qualche passo avanti è stato fatto, lo riconosco al ministro Orlando che forse deve pubblicizzarlo di più. Finalmente dopo vent’anni è stato elaborato il secondo piano sociale nazionale. Mi auguro come previsto dal Pnrr che ci possa essere una buona rete di asili nido e una politica vera per gli anziani non autosufficienti”, ha concluso la presidente.
Diverse donne in pensione, ma penalizzate
Intanto, le stime sui pensionamenti del 2022 dicono che quest’anno lasceranno il servizio oltre 30mila insegnanti, amministrativi e collaboratori scolastici, comprese alcune centinaia tra dirigenti scolastici e Dsga.
Una parte di loro, scrive l’Anief, fruirà di “Quota 102”, introdotta eccezionalmente dopo l’addio a “Quota 100”, in attesa che il Governo approvi altre forme di pre-pensionamento: se la riduzione che comportano queste forme di uscita dal lavoro sono tollerabili, lo stesso non si può dire per “Opzione donna” che riduce l’assegno pensionistico anche del 35%. E nella scuola oltre l’81 per cento dei dipendenti è donna, con punte nel primo ciclo che superano nove lavoratori su dieci: donne che dopo i 60 anni dovrebbero lasciare il lavoro, ancora di più perché logorate da un contesto, quello scolastico, che come pochi altri assorbe energie.
Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, lo definisce “ricatto”, perché “per uscire dal lavoro qualche anno prima si va a penalizzare una vita di contributi previdenziali regolarmente pagati. La verità è che alla fine allo Stato questa soluzione conviene”.
Insegnare logora?
Il sindacato chiede, invece, “l’inclusione di tutte le professionalità scolastiche nella tabella nazionale delle categorie usuranti”, la quale comprende “professionalità come gli estetisti, che fino a prova contraria non comportano maggiori fatiche fisiche e mentali, ma soprattutto non detengono le percentuali riscontrate dai docenti per il burnout a cui sono sottoposti e che dopo i 60 anni si traduce in patologie più o meno gravi”.
“Per chi opera a scuola – conclude l’Anief – la soluzione è prevedere l’inclusione nell’Ape Sociale, oppure gli stessi parametri dei dipendenti delle forze armate, più il riscatto gratuito della laurea”.