Sarebbero decine le denunce su presunti casi di “Blue Whale”, il cosiddetto gioco della morte sul web che prevede una cinquantina di pratiche di autolesionismo, via via sempre più dure, fino all’epilogo del suicidio da effettuare lanciandosi nel vuoto dalla cima di un alto edificio. Ma al momento nei tanti fascicoli aperti dal magistrato da maggio ad oggi c’è soltanto un presunto “curatore” (chi istiga cioè all’autolesionismo) indagato: una ventenne milanese che avrebbe convinto una ragazzina di 12 anni a procurarsi tagli e a inviarle foto. L’accusa, per lei, è istigazione al suicidio.
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Su tutte le altre segnalazioni, almeno per il momento, mancano riscontri.
Il sospetto degli inquirenti milanesi è che molti dei casi di autolesionismo denunciati non siano stati ordinati da “curatori”. Sarebbero invece il frutto di una “suggestione” collettiva: una “psicosi”, appunto, dovuta al tam tam mediatico sul fenomeno.
Gli accertamenti della magistratura milanese, tuttavia, proseguiranno soprattutto per fare chiarezza su alcuni casi di suicidio e tentato suicidio da parte di una serie di studenti di una scuola del Milanese.
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