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Ritorniamo all’istruzione

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La classica separazione dei compiti, alla famiglia l’educazione, alla scuola l’istruzione, si è via via indebolita, non a caso, oggi, il termine istruzione è sempre più sostituito da formazione, per indicare attività più ampie e dare impulso ad un sistema educativo in cui il soggetto acquisisce non solo delle conoscenze, ma, soprattutto, trova le condizioni per raggiungere il massimo grado di sviluppo dal punto di vista etico, umano, sociale, affettivo, relazionale.

La scuola è diventato il luogo istituzionale nel quale l’impegno concreto sembra sia orientato, solo ed esclusivamente, ad eliminare le disuguaglianze, le discriminazioni, gli ostacoli di ordine economico e sociale (art. 3 della nostra Costituzione), gli impedimenti alla piena realizzazione personale della condizione umana, ecc..

In questo senso la scuola svolge un ruolo promozionale, per il quale cerca di attuare un processo educativo capace di realizzare una serie di istanze democratiche, portatrici di valori pedagogici e culturali, quali l’uguaglianza delle opportunità educative, l’ampliamento e il miglioramento delle possibilità di sviluppo, l’orientamento scolastico e professionale, un nuovo e positivo rapporto tra scuola, famiglia, società, mondo del lavoro e tutta una serie di educazioni che trovano il loro principio qualificante sulle libertà e sull’uguaglianza.

Si tratta, indubbiamente, di nobili principi, anche se appaiono inevitabili certi sbocchi ideologici contemporanei, che stanno portando ad una pluralità di antropologie, mettendo in serie difficoltà il nostro sistema scolastico.

Rimane incontestabile il fatto, che l’ampiezza, la complessità, la specificità e il carattere fortemente problematico dei nuovi bisogni educativi, stia proiettando la scuola in una sorta di crisi irreversibile: sommersa da innumerevoli compiti educativi, priva di mezzi, strumenti e adeguate risorse umane, si trova, spesso, a dover gestire situazioni difficili e complesse, che esulano dalla funzione docente e rendono quasi impossibile conciliare preparazione culturale e formazione personale, insegnamento, apprendimento ed educazione.

La scuola è costantemente sotto accusa e se ci addentriamo nello specifico della vita scolastica, notiamo l’affermarsi di un obbligo intellettuale, culturale e sociale: parlar male della scuola a prescindere, alimentare una cultura di rivendicazione, di offesa e di critica di genitori, solitamente inclini a difendere fanciulli e adolescenti, anziché motivarli nell’assolvere i loro obblighi nei confronti dell’istituzione scolastica e dei docenti.

Da qui nasce un malessere profondo, un difficile rapporto, una difficile relazione tra genitori insegnanti e alunni. Ragion per cui i docenti divengono spesso e volentieri oggetto di pesanti offese, violenze e ingiustificate critiche.

Tutto questo mostra a sufficienza che la scuola non può farsi carico di tutte le problematiche sociali e familiari che provocano marginalità, devianza, disturbi, disimpegno, disordine ecc..

Il compito della scuola è diventato molto più oneroso di quello di ieri e il lungo processo di democratizzazione e partecipazione (organi collegiali) non ha mai registrato, eccetto pochi e rari casi, una presenza collaborativa degna di una democrazia matura e responsabile, ma solo persone che varcano le soglie della scuola per avere notizie sugli apprendimenti dei figli, intrusi i o soggetti titolari del diritto-dovere di entrare nel vivo delle azioni e delle scelte formative della scuola.

L’educazione è sempre l’esito di una interazione complessa degli enti intermedi della società. Per questo, ognuna delle istituzioni implicate dovrebbe elaborare la sua pedagogia d’intervento specifico per l’elevazione umana, morale e spirituale dei discenti. La scuola non deve e non può avocare a sé i compiti della famiglia o di altri gruppi formali e informali e viceversa, giacché tutti operano a favore degli educandi, mediante contenuti e metodi distinti.

Centrale rimane l’affermarsi di una nuova cultura pedagogica e scolastica, incentrata sulla diversificazione dei compiti educativi delle comunità autonome, degli enti intermedi e, soprattutto, dei genitori, in ossequio anche all’art. 30 della Costituzione: “E’ dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio”.

Fernando Mazzeo