È sulla Scuola la domanda finale al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, in occasione della conferenza stampa, tenuta a Palazzo Chigi, seguente al Consiglio dei ministri da cui nella serata del 18 dicembre è scaturito il Dpcm che regolerà le festività natalizie degli italiani dalla vigilia di Natale sino all’Epifania.
Una cronista chiede al premier se la decisione della ministra Lucia Azzolina di puntare sul rientro in classe il prossimo 7 gennaio degli studenti delle superiori, costretti da fine ottobre a fare la DaD, non sia rischiosa perchè potrebbe incentivare un possibile ritorno dei contagi.
E anche cosa sta prevedendo il governo per lo scaglionamento degli ingressi negli istituiti scolastici.
“La pandemia – risponde Conte – ci sta insegnando, tra le lezioni che dobbiamo mantenerci sempre pronti a intervenire” e che “bisogna utilizzare trasparenza”.
Quindi Conte è entrato nel vivo della risposta. “A questo governo – ha sottolineato – sta a cuore tutto il comparto scolastico, anche le superiori di secondo grado in questo periodo passate alla didattica a distanza. Vogliamo prevedere per loro lezioni in presenza”.
Per questo, ha continuato il premier, “abbiamo programmato al momento un recupero della didattica in presenza al 7 gennaio. Nel corso del Consiglio dei ministri c’è stata una pausa durante la quale i ministri Azzolina, Boccia, e De Micheli mi hanno informato che i tavoli presso i prefetti stanno funzionando molto bene, con sinergia. Questo ci dà maggiore fiducia per la ripresa in presenza a gennaio”.
“L’obiettivo è creare quella sinergia tra il sistema dei trasporti con la differenziazione degli orari“.
Non è affatto facile, ma grazie al coordinamento delle prefetture, ha sottolineato il presidente del Consiglio, “tutte le istituzioni che hanno un ruolo sono state coinvolte”.
A proposito della sicurezza negli istituti, il Capo del governo si è detto sicuro: “Rimaniamo convinti, alla luce dei dati acquisiti, che la scuola non sia focolaio. Tutto quello che è attorno va però trattato con cura“, tenendo presente che vi sono centri più piccoli che rispetto ai grandi hanno esigenze “completamente diverse”.
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