Vincenzo De Luca, governatore della Regione Campania
Alcune Regioni continuano contrastare le politiche sulla scuola decise dal governo per rendere compatibile il diritto allo studio con quello all’istruzione in tempo di Covid-19. E ancora una volta la Campania si conferma capofila di questo atteggiamento, avvalendosi sulla potestà che hanno i governatori sull’apertura o chiusura delle scuole: dopo avere preso posizione contraria nei giorni scorsi sul rientro in classe degli studenti delle superiori subito dopo l’Epifania, il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca torna a spiegare i motivi del suo dissenso.
“Sento che si parla della riapertura dell’anno scolastico il 7 gennaio, queste sono cose che mi fanno impazzire – ha detto il presidente della Regione Campania a margine del vax-day all’ospedale Cotugno di Napoli -: come si fa a dire ‘si apre’ senza verificare il 3, il 4 gennaio la situazione?”.
De Luca ha quindi annunciato che “in Campania non apriamo tutto il 7” gennaio, perché “si devono valutare i dati” aggiornati dei contagi da Coronavirus e “l’idea di mandare a scuola il 50% degli studenti è un’idea che la Campania non condivide”.
Il governatore dalla Campania, quindi, ha detto che la Giunta regionale da lui guidata valuterà “un passo alla volta il rientro, ma certamente non mandiamo in blocco il 50% a scuola” degli iscritti alle superiori.
Va ricordato che, proprio a causa dei numeri preoccupanti di casi di contagi da Covid-19, nelle passate settimane la Campania ha per lunghi periodi deciso di non mandare a scuola nemmeno gli alunni della primaria e delle scuole medie.
C’è comunque da dire che nella stessa giornata, domenica 27 dicembre, il “Centro europeo per il controllo delle malattie”, un’istituzione scientifica e super partes, ha pubblicato un ampio studio sul suo sito, relativi ai Paesi del Vecchio Continente, con il quale ritiene che il ritorno nelle aule scolastiche a metà agosto in diversi paesi è coinciso con un generale rilassamento delle altre misure restrittivi in molti paesi.
Secondo l’Eucm, quindi, le lezioni in presenza non appaiono essere state un particolare motore di contagio nella seconda ondata di casi osservata in molti Stati europei ad ottobre.
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