Per oltre 5 milioni e mezzo di alunni il rientro in classe del 7 aprile, dopo la pausa pasquale, si è attuato nelle stesse condizioni di tre mesi prima, successivo alle vacanze di Natale: impianti d’aerazione, tamponi rapidi, trasporti aggiuntivi e classi sdoppiate sono rimasti nel libro dei desideri. Anche i casi di nuovi contagi sono rimasti simili: il 7 gennaio scorso si erano registrati 18.416 casi con 414 decessi; esattamente tre mesi dopo, i casi accertati sono 13.708 ma con ben 627 morti.
Alle scuole, è vero, è stata assegnata la quota parte dei 150 milioni di euro previsti dal decreto Sostegni. Con le quali comprare, se vorranno, anche le più sicure mascherine Ffp2.
Ne parla anche la circolare ministeriale scritta in queste ore da nuovo Capo Dipartimento Stefano Versari che fornisce alle istituzioni scolastiche un primo quadro sintetico e note di supporto sul decreto legge 44 recante “Misure urgenti per il contenimento dell’epidemia da Covid-19″.
“Tali risorse – scrive Versari – sono destinate all’acquisto di dispositivi di protezione e materiali per l’igiene individuale e degli ambienti, nonché di ogni altro materiale, anche di consumo, il cui impiego sia riconducibile all’emergenza epidemiologica da Covid-19; per servizi professionali di supporto e assistenza psicologica e/o pedagogica, in relazione alla prevenzione e al trattamento dei disagi e delle conseguenze derivanti dall’emergenza epidemiologica da Covid-19”.
Le risorse sono utili anche per acquistare “servizi medico-sanitari, ivi compreso il servizio di sorveglianza sanitaria, volti a supportare le Istituzioni scolastiche nella gestione dell’emergenza epidemiologica; per dispositivi e materiali destinati al potenziamento delle attività di inclusione degli studenti con disabilità, disturbi specifici di apprendimento ed altri bisogni educativi speciali”.
Solo che le indicazioni dello stesso Ministero per l’utilizzo di quelle risorse – in media poco più di 18 mila euro a scuola autonoma – sono state impartite solo con Nota del 31 marzo scorso, la n. 453. Poi è arrivata lo stop totale dei tre giorni di zona rossa pasquale. Quindi, solo dal 6 aprile le scuole hanno di fatto iniziato a prendere in considerazione la possibilità di potenziare i dispositivi di protezione e gestione del Covid all’interno delle scuole.
Di sicuro, però, non dobbiamo aspettarci novità sul fronte dei tamponi. Su questo punto, sempre il Capo Dipartimento Stefano Versari, nella stessa Circolare del 6 aprile, scrive che “l’attuale quadro legislativo nazionale non prevede la possibilità di subordinare la fruizione in presenza dei servizi scolastici all’effettuazione obbligatoria di screening diagnostici”. Quindi, i tanto annunciati screening permanenti, indispensabili per il rientro in sicurezza, che avrebbero contrassegnato, a detta di diversi politici, il ritorno in classe dopo Pasqua, sono rimasti lettera morta.
Tutto rimane nelle mani dei singoli enti locali e soprattutto delle Asl e delle Regioni: “gli uffici e le istituzioni scolastiche in indirizzo favoriranno, per quanto di competenza, forme di collaborazione con le competenti autorità sanitarie, mirate alla eventuale realizzazione, da parte di queste ultime, di campagne di screening”, tiene a dire sempre Versari.
Anche sui trasporti aggiuntivi, si è rimasti fermi agli accordi tra prefetti, enti locali e istituzioni interessate: il piano, predisposto dal passato governo, il Conte bis, nei grandi centri non ha però prodotto i risultati sperati. Nei grandi centri – come Roma, Milano, Napoli e Palermo – le corse di autobus, tram e soprattutto delle metropolitane sono aumentate in modo limitato.
Pure sulle classi sdoppiate non vi sono novità: del resto, il piano di ampliamento degli spazi è quello che, assieme alla riduzione del numero di alunni per classe e all’incremento sostanzioso dei trasporti, richiede più investimenti e maggiore tempo. Tutte manovre che potrebbero beneficiare dell’assegnazione prossima dei fondi del Recovery fund.
Nel frattempo, come dicevamo, la ripresa delle lezioni è avvenuta in condizioni immutate. “Siamo rientrati senza un minimo screening sistematico sul fronte tamponi”, ha detto Cristina Costarelli, vicepresidente Anp Lazio e dirigente scolastico del liceo scientifico Isacco Newton della Capitale.
“Nel primo giorno di ritorno in classe in presenza anche per le superiori – ha aggiunto parlando ai microfoni de L’Aria Che Tira – nel Lazio ci troviamo ancora a chiedere le stesse cose di prima perché non sono state realizzate. Dai trasporti in poi. A scuola abbiamo distributori bloccati, igienizziamo qualsiasi cosa e poi veniamo informati di casi di positività tra famiglie e ragazzi già da prima del rientro. Il problema non è della scuola, ma di ciò che sta attorno alla scuola”.
La ds ha spiegato che “alle ore 9 avevamo a scuola un ragazzo con 38 di febbre. Abbiamo eseguito la procedura alla lettera: lo abbiamo portato nell’aula Covid, avvisato i genitori, eccetera”.
La mancanza di disposizioni è stata avvertita anche dalle famiglie. A Lecce, ad esempio, “il 70% ha preferito non mandare i figli a scuola. C’è ancora molta paura”, ha detto Mina Matteo, rappresentante legale di Cobas Scuola, facendo un bilancio del primo giorno di ripresa delle lezioni in presenza nelle scuole dell’infanzia, nelle primarie e per la prima classe delle secondarie di primo grado, che nel capoluogo salentino ha fatto registrare dati modesti.
“Le adesioni alla presenza in classe sono molto basse. Soprattutto la prima media è andata quasi deserta – conferma la sindacalista -. Più l’età si alza e più si registrano le assenze”.
“Molti dirigenti scolastici – continua Matteo – stanno dando facoltà ai genitori di poter cambiare la propria decisione, anche se questo non è contemplato dalla norma, ma è chiaro che in questo momento si sta cercando di dare la massima disponibilità alle famiglie senza costrizioni di alcun genere”.
Le lamentele arrivano anche dai sindacati rappresentativi. “Milioni di studenti hanno ripreso la scuola in presenza anche nelle zone rosse, ma senza alcun intervento straordinario per la sicurezza da parte di Governo e Regioni: restano infatti irrisolti i nodi che hanno finora determinato la sospensione della didattica in presenza”, ha detto la segretaria generale dello Snals, Elvira Serafini.
“Non ci risulta – che sia stato predisposto un sistema di tracciamento efficiente e tempestivo. Non ci risultano significativi interventi per il potenziamento dei trasporti pubblici. Non sono stati reperiti nuovi spazi per accogliere gli alunni in situazione di maggiore sicurezza. Non c’è traccia di alcuna iniziativa, neanche a titolo sperimentale, per avviare una campagna per tamponi veloci e ripetuti agli alunni prima del rientro, nonostante le ipotesi avanzate dal Cts”.
“Le vaccinazioni del personale – ha ancora detto Serafini – non sono ancora completate e nella quasi totalità dei casi non sono state somministrate le dosi di richiamo”.
“Iniziano tra l’altro ad emergere le prime soluzioni differenziate a livello regionale, che aggravano ancora di più il disorientamento del personale”. Inoltre, ha concluso la leader dello Snals, “la sicurezza di alunni e personale deve ripartire da un aggiornamento del protocollo di sicurezza per la ripresa, fermo ancora alla versione del 7 agosto scorso”.
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