Ad oggi, sul ritorno a scuola a settembre c’è una sola certezza: tranne poche “isole felici”, ovvero quelle scuole composte da classi con pochi alunni e ampi spazi a disposizione, oppure aggiuntivi messi a disposizione dagli enti locali in tempi record, la stragrande maggioranza delle lezioni si svolgeranno con le lezioni a orario settimanale ridotto.
La questione è stata posta da alcuni giorni dai sindacati. La Cisl Scuola, guidata da Maddalena Gissi, ha posto diversi quesiti: “Qual è la percentuale massima di riduzione dell’orario scolastico? Ad esempio, è possibile limitare la frequenza degli alunni iscritti al tempo pieno a mezza giornata ed utilizzare le quote orarie per gestire i gruppi di altre classi? Sarà possibile operare riduzioni dell’orario curricolare, quali sono i minimi disciplinari da rispettare? Il ricorso alla didattica digitale integrata (quindi praticare ancora Dad, ndr) è assolutamente escluso per la scuola primaria e per la scuola secondaria di primo grado?”.
Il problema è stato sollevato anche dal presidente dell’Anp, Antonello Giannelli, il quale ha chiesto: “parte degli alunni sarà impegnato in attività a distanza? E quanta parte dell’orario curricolare potrà essere erogata a distanza? Si potrà ridurre la durata dell’unità di lezione senza necessità di recupero?”.
Quest’ultimo punto è moto interessante: la normativa, infatti, permette ai docenti di non recuperare le riduzioni orarie solo in caso di oggettivi limiti logistici da parte degli alunni (i quali invece sono tenuti a recuperare i minuti persi).
Per il leader del primo sindacato dei dirigenti scolastici, “la risposta tali domande deve arrivare al più presto e deve essere fornita dal legislatore, in quanto riguarda i livelli essenziali delle prestazioni e comporta la modifica del quadro ordinamentale. Non si può certo pensare di lasciare la soluzione di tali criticità all’autonomia scolastica che è finalizzata a costruire le migliori condizioni per il successo formativo degli alunni”.
Giannelli ha anche evidenziato che, se si dividessero in due gruppi gli alunni di una classe, sarebbe necessario disporre non solo di un’aula in più, ma anche di un docente (nella scuola primaria) o di un docente per ogni disciplina (nella scuola secondaria) in aggiunta. In ogni caso, sarà necessario incrementare la consistenza dell’organico dei collaboratori scolastici per fare fronte alla maggiore frequenza con cui saranno puliti gli ambienti.
Attualmente, però, l’incremento massimo di docenti è fermo ai 40 mila annunciati dal premier Giuseppe Conte e dalla ministra Lucia Azzolina: in realtà, considerando il 15% di alunni da sistemare in spazi aggiuntivi, ne servirebbero 120 mila.
“Su tutto questo – ha concluso il sindacalista Anp – il Ministero deve fornire indicazioni precise e tempestive, anche in considerazione del fatto che, ad oggi, le dotazioni organiche sono state attribuite secondo i parametri ordinari”.
La Cisl Scuola ha fatto anche presente che “le scuole si chiedono se è possibile in ultima istanza ridurre il tempo scuola anche solo attraverso delibera del consiglio di istituto, venendo meno al patto formativo con le famiglie (ad esempio passando dal tempo pieno alle 27 ore), se vi sarà e in che misura organico aggiuntivo, come gestire eventuali locali esterni alle istituzioni scolastiche, come gestire gli alunni con grave disabilità o disturbi comportamentali”.
C’è poi il problema trasporti da affrontare anche con le associazioni degli enti locali, Anci (Comuni) e Upi (Province).
Gli ingressi scaglionati sono essenziali, ma gli orari finora ipotizzati, come una presenza a scuola per le secondarie dalle 10 alle 15, per la Cisl Scuola “non appaiono sostenibili nell’organizzazione della giornata scolastica e impegnerebbero gli alunni in modo del tutto inopportuno”.
Per opporsi a queste prospettive, lunedì 13 luglio, il comitato ‘Priorità alla Scuola’ tornerà a mobilitarsi davanti alle sedi di undici Regioni.
L’appuntamento nazionale sarà in Emilia-Romagna alle 11); poi Toscana (17.30), Piemonte (10.30), Lombardia (17.30), Liguria (13), Lazio (10), Veneto (11), Marche (12), Puglia (10) e Sicilia.
“A nome delle migliaia di genitori, insegnanti, studenti e lavoratori del mondo scolastico che aderiscono al Comitato”, si legge in una nota, e che il 23 maggio e il 25 giugno hanno manifestato in moltissime piazze d’Italia e davanti al Parlamento, le delegazioni locali consegneranno ai presidenti delle Regioni una lettera in cui si avanzano richieste di spiegazioni e proposte operative per la riapertura delle scuole di ogni ordine e grado a settembre.
A Bologna la lettera sarà consegnata a Stefano Bonaccini, presidente della Conferenza delle Regioni, per chiedere “di spiegare pubblicamente i motivi per cui le Regioni hanno accettato senza riserve e con minime modifiche le linee guida approntate dal Ministero dell’Istruzione per la riapertura della scuola a settembre che rendono impossibile, come molti enti locali, Regioni e dirigenti scolastici hanno osservato, garantire un rientro a scuola a settembre senza riduzione di orario, senza turni e senza Dad, in tutti gli ordini e gradi”.
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