Mentre i nuovi contagi da Covid si riducono lievemente, mantenendosi sopra i 20 mila nuovi casi al giorno, con quasi 500 decessi, continua far discutere la scelta del governo di imporre il rientro per tutti fino a 12 anni. Anche nelle zone rosse, con tanto di obbligo per i governatori di non imprimere ulteriori “strette”. Si è parlato molto delle indicazioni scientifiche, che indicherebbero la scuola come luogo sicuro. Ma le cose stanno così? Si è parlato molto di uno studio presentato nei giorni scorsi da una importante ricerca condotta da una squadra di epidemiologi, medici, biologi e statistici tra cui Sara Gandini dello Ieo di Milano: il rapporto A cross-sectional and prospective cohort study of the role of schools in the SARS-CoV-2 second wave in Italy, da cui si intendeva dimostrare l’effettiva pericolosità per la salute dei cittadini nel lasciare le scuole indistintamente aperte, ci era stato illustrato sinora come la dimostrazione che le scuole rispetto ai rischi Covid mantengono una buona dose di protezione. La conclusione, però, non è così univoca. Tanto che dopo qualche giorno da parte di più raggruppamenti politici direttamente al ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi sono stati chiesti lumi: il question time, però, non ha avuto risposta. Nel frattempo, il personale scolastico ha in alta percentuale fatto la prima dose di vaccino AstraZeneca, cosciente del fatto che la copertura dal virus non va oltre al 60% (per arrivare all’80% quando si somministrerà la seconda dose).
A distanza di qualche giorno, c’è anche chi è andato ad interpretare diversamente quello studio: si tratta dell’assessore regionale alla Sanità della Puglia, Pierluigi Lopalco, secondo il quale la Puglia “ha fatto bene” sospendere le lezioni in presenza, perché proprio da quello studio scientifico si mostra “con evidenza il rischio a cui sono stati esposti gli operatori scolastici durante la didattica in presenza”.
Un grafico pubblicato, sempre secondo l’epidemiologo Lopalco “mostra come gli operatori scolastici sono risultati positivi al virus in misura nettamente maggiore rispetto al resto della popolazione”.
Inoltre, a detta dell’epidemiologo, per lo studio A cross-sectional and prospective cohort study of the role of schools in the SARS-CoV-2 second wave in Italy è stata utilizzata una metodica che non ha di fatto dimostrato “anche una maggiore incidenza di casi negli studenti”.
“Abbiamo sempre sostenuto – ha continuato Lopalco – che la scuola, in piena circolazione pandemica, fosse una occasione di contagio ed il fatto che fra gli operatori scolastici si verifichino più casi rispetto al resto della popolazione ne è la prova. Siamo contenti di essere stati la prima regione non solo a promuoverne la vaccinazione, ma anche ad averla conclusa”.
Se addirittura da uno stesso studio sul tema si evincono conclusioni diverse, c’è da preoccuparsi: l’incertezza rimane alta. Lo ammette pure il presidente dell’Istituto superiore di sanità Silvio Brusaferro. Durante la conferenza stampa dell’antivigilia di Pasqua sullo studio italiano da cui sarebbe emerso che con le scuole aperte la curva del contagio non cresce, Brusaferro ha detto che va usata cautela.
“Ci sono molte pubblicazioni, americane e canadesi, oltre che del Gemelli di Roma, e – ha detto il presidente Iss – ci sono molte raccomandazioni sul tema scuola. Dati precisi non ci sono, si considera solo la fascia di età”.
Dallo stesso Istituto superiore di Sanità, del resto, sono stati pubblicati dei dati che indicano un’ascesa impressionante dei contagi tra i giovani, in particolare fino a 9 anni: secondo quanto comunicato dall’Iss, mettendo a confronto la fine del 2021 con la metà di marzo risulta che l’aumento di casi Covid fino a 9 anni di età risulta incrementato addirittura del 96,7%.
E tra i 10 e i 19 anni del 73,3%. Si è passati, in pratica, da circa 250 mila casi a 450 mila casi. Nessuna altra fascia d’età ha fatto registrare incrementi così alti. Un dato su cui pesa evidentemente la presenza delle varianti del Covid, che vanno a colpire in modo diretto e violento proprio i più giovani.
Nel frattempo, esultano i raggruppamenti di coloro che chiedevano il ritorno in classe immediato e generalizzato.
I genitori No Dad dell’associazione Scuole Aperte Campania hanno accolto con “soddisfazione il nuovo orientamento espresso dal Governo che ha finalmente e definitivamente tolto alle amministrazioni locali la possibilità di disporre in maniera indiscriminata la chiusura delle scuole, come è spesso avvenuto nei mesi scorsi. Rimaniamo ovviamente sempre vigili e attenti a tutelare i diritti dei nostri figli, auspicando che non si rendano più necessarie nuove azioni giudiziarie e di protesta”.
I No DaD però vanno oltre: chiediamo che “anche nella nostra regione, a breve riaprano in presenza al 100 per cento anche le classi seconda e terza media, nonché almeno al 50 per cento le scuole superiori considerando che nel frattempo i dati epidemiologici della Campania sono in netto miglioramento e che il Consiglio di Stato ha respinto l’appello presentato dal Governo contro la decisione del Tar Lazio che, il 26 marzo scorso, aveva accolto due ricorsi presentati da genitori contro l’ultimo dpcm ed è stata confermata la richiesta avanzata dal tribunale amministrativo al Governo di riesaminare, sulla base delle nuove evidenze scientifiche emerse, il meccanismo automatico di sospensione della didattica in presenza nelle scuole di ogni ordine e grado, nelle regioni in zona rossa”.
“La dad non è scuola”, si legge anche su uno striscione esposto da genitori, docenti e studenti provenienti da tutta la Puglia sul lungomare di Bari, davanti alla sede della Presidenza della Regione, per tornare a chiedere la riapertura delle scuole anche in zona rossa.
Su iniziativa di ‘Priorità alla Scuola Puglia, ‘Comitato per il diritto alla salute e all’istruzione’, ‘La Scuola che vogliamo-Scuole Diffuse in Puglia’, ‘Comitato Genitori Speciali’ e ‘Autism Friendly Altamura’, genitori e bambini hanno prodotto anche una “assemblea pedagogica permanente di chi sente la scuola come fondante del nostro ordinamento democratico, uno spazio di riconoscimento reciproco tra docenti, studenti e famiglie”.
“Le 13 ordinanze regionali – sostengono – hanno messo in crisi il principio di coesione sociale. Questo non vogliamo che continui, è importante che anche la Regione Puglia si adegui alle direttive nazionali”. E lamentano che a seguito della DaD il tasso di dispersione scolastica in Puglia ha raggiunto il 30%.
Sempre in Puglia, nel foggiano, il Comitato “Priorità alla scuola Puglia” ha fatto sapere che nei giorni scorsi davanti ai cancelli chiusi di una scuola di Manfredonia, in provincia di Foggia, una docente-mamma ha deciso di portare avanti la DaD, quindi collegarsi con i suoi alunni, allestendo una piccola aula in strada: le lezioni a distanza si sono svolte grazie ad un banco con sopra un personal computer e una sedia per lei e la figlia.
Un’altra iniziativa “per iniziare a rompere gli sche(r)mi”. Sulla sicurezza delle scuole in presenza, però, non arrivano richieste e indicazioni nemmeno da questo fronte.
Bocciare uno studente a seguito di gravi insufficienze è lecito, soprattutto dopo che il giovane…
Dal 12 novembre scorso sono aperre le iscrizioni alle Rilevazioni Nazionali degli apprendimenti per l’anno…
La Federazione Gilda Unams, come riporta un comunicato, non ha sottoscritto la preintesa sull’integrazione ai…
Una questione contorta: uno studente dalla brillante carriera scolastica non è stato ammesso alla maturità…
Da qualche giorno è stato dato ufficialmente il via al secondo concorso Pnrr per diventare insegnante…
Riccardo aveva solo otto anni, metà dei quali trascorsi a combattere contro un tumore alla…