Il ritorno alla normalità e alla vita di sempre riparte dalla scuola, che potrebbe riaprire in presenza per tutti (o quasi) già lunedì 26 aprile: è questo il messaggio che il premier Mario Draghi ha voluto inviare agli italiani nel corso della conferenza stampa di venerdì 16 aprile. A fornire tale interpretazione è stato il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi.
Con una nota emessa a ridosso dell’intervento del capo del governo, il titolare del Mi ha detto che “la scelta del Governo è chiara. La scuola è una priorità nella sua azione. Ed è centrale nella vita del Paese, così come lo sono le prossime settimane nel percorso delle nostre studentesse e dei nostri studenti, in particolare di quelli che si apprestano a sostenere gli esami di fine ciclo”, ha sottolineato Bianchi.
Il ministro dell’Istruzione ritiene che “con la scelta di oggi mandiamo un messaggio di speranza e di responsabilità. Dobbiamo progressivamente tornare alla normalità, a una nuova normalità, e dobbiamo farlo a partire dalla scuola. Nei prossimi giorni lavoreremo con i nostri Uffici territoriali, gli Enti locali, le scuole, i tavoli prefettizi. Saremo come sempre al fianco della comunità scolastica”, ha concluso il numero uno del dicastero bianco di Viale Trastevere.
I sindacati sembrano bene accogliere la posizione del premier e del ministro dell’Istruzione. Pino Turi, segretario generale Uil Scuola, dice che è un “bene la volontà politica di mettere la scuola in primo piano”.
A questo punto, però, diventa “prioritario mettere in sicurezza lavoratori e studenti” e “lavorare da subito per il prossimo anno”.
Sarà un lavoro importante quello che attende prefetti e parti coinvolte. Con pochissimi giorni a disposizione. Se davvero l’intenzione è rientrare sui banchi già dal 26 aprile, tranne gli alunni più grandi delle zone rosse, c’è a disposizione solo la prossima settimana.
Al centro dell’attenzione dei tavoli territoriali di lavoro vi saranno sicuramente i trasporti, che nei grandi centri risultano potenziati non ancora in modo adeguato, i collegamenti scuole-Asl, monitoraggi e tamponi periodici (attivati solo in Alto Adige), le forniture di materiali anti-Covid (mascherine Ffp2, gel, schermature, ecc.), la possibilità di riprendere con le prime dosi dei vaccini del personale.
Nel frattempo, dei preziosi impianti di areazione automatica dei locali scolastici già non si parla più. Poi rimane in piedi il problema delle mascherine chirurgiche scelte dalla gestione Arcuri e fornite ogni giorno agli studenti, considerate da molti di pessima qualità e non caso rifiutate in massa.
Mario Rusconi, presidente Anp-Lazio, ha elencato tutti questi punti nevralgici: interpellato dall’Adnkronos, il sindacalista ha detto che “il ritorno degli studenti a scuola, in presenza al 100%, è sicuramente un auspicio che abbiamo in animo da molto tempo”, ma “è necessario che vi siano le condizioni di sicurezza”, mentre “un gran numero di scuole in Italia, in particolare le superiori, non offrono come garanzia antivirus aule che permettano un adeguato distanziamento, nonostante il rispetto delle altre misure profilattiche (mascherine, lavaggio delle mani etc.)”.
“Nella sola città di Roma – ha detto Rusconi – si contano numerosi edifici costruiti più di mezzo secolo fa, quando vi era scarsa attenzione verso il mantenimento di condizioni di salubrità. Per non parlare delle numerose scuole situate in edifici dei primi del ‘900, di metà ‘800, persino del periodo seicentesco!”.
C’è poi il problema degli organici, visto che permangono i parametri introdotti con il dimensionamento Gelmini-Tremonti del 2009: “la composizione delle classi – rileva Rusconi – non è stata modificata nel ritorno a scuola da settembre 2020 ad oggi. Risultano classi che possono variare da 22 a 29/30 alunni, talvolta con la presenza di alunni disabili, con l’attuale frequenza del 50-75 % degli studenti delle superiori il fenomeno sì è parzialmente attenuato, non rendendosi percepibile”.
“Ancor più grave – lamenta Rusconi – che, ad oggi, non sia stata cambiata la norma che prevede una tale composizione numerica. Rischiamo di tornare in classe sia a maggio (se avverrà) sia a settembre 2021 con classi sovraffollate, che costituiscono non solo un potenziale pericolo per la salute dei nostri ragazzi, ma anche un danno formativo grave per quegli studenti più fragili scolasticamente, che avrebbero necessita ‘di maggior attenzione da parte dei docenti”.
Per Rusconi la domanda è d’obbligo: “Come riuscire ad interessarsi adeguatamente a questi ragazzi quando la classe è formata da 28/30 persone?”
“Molti di loro sono destinati, quasi inevitabilmente, a non raggiungere gli obiettivi minimi che possano permettere un iter scolastico e culturale valido, adeguato alle richieste della scuola e della società”.
Il rischio, in queste condizioni, conclude il sindacalista, è creare “una fabbrica di dispersione, scolastica ed umana”.
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