Vale più la salute o il diritto allo studio? Il dubbio amletico è quello che si stanno ponendo molti governanti, non solo in Italia. Numeri ufficiali alla mano, la pandemia, del resto, si è ridotta solo in modo minimo rispetto qualche settimana fa, quando i quattro quinti degli alunni, scuola dell’infanzia e primaria comprese, furono costretti a quella didattica a distanza che crea ritardi di apprendimento e abbandoni scolastici. Il governo Draghi ha quindi deciso che dal 7 aprile al 30 aprile si ritroveranno in classe quasi 5 milioni e mezzo di allievi: ci saranno pure quelli, fino a 12 anni, che vivono nelle zone rosse. La Puglia è una di queste. Anche se il governatore Michele Emiliano ha dato l’opportunità, con l’ordinanza n. 102 “alle famiglie pugliesi che lo desiderano di tutelare la loro salute attraverso la libera richiesta di didattica digitale integrata”. Avrebbe certamente preferito che le scuole fossero rimaste chiuse la professoressa Maria Chironna, responsabile del laboratorio Covid del Policlinico di Bari; su facebook, la virologa si chiede: “che cosa è cambiato rispetto a pochi giorni fa? Ci sono le condizioni per la riapertura? I tassi di incidenza di Covid19 sono tali, a livello nazionale e regionale, da consentirci la riapertura senza ripercussioni sui contagi? Cosa si è fatto per assicurare una scuola in presenza sicura per tutti?”.
Secondo l’epidemiologa, “sulla salute dei bambini e dei ragazzi non si scherza. E nemmeno si può sottacere il disastro che la didattica a distanza, in un anno di pandemia, ha causato e che potrebbe ancora causare”.
Il problema, sostiene l’esperta di Covid, “non abbiamo vaccini per bambini e ragazzi. Quindi il virus può continuare a circolare tranquillamente tra bambini e ragazzi perché, se non ci sono barriere, il virus continuerà a fare il suo mestiere. Contagiare. E lo fa e continuerà a farlo benissimo”.
E ancora: “Quale prezzo, dunque, siamo disposti a pagare in termine di contagi, casi gravi e decessi per mantenere la didattica in presenza? È questa la vera domanda. Una riflessione seria e pacata, senza estremismi e senza pregiudizi credo possa aiutare tutti a decidere cosa è meglio fare per tutelare la salute fisica e psicologica di bambini e ragazzi”.
Nella sua analisi, la professoressa Chironna guarda anche a cosa accade all’estero: “Alcuni paesi europei hanno mantenuto le scuole aperte fino all’ultimo, ma poi hanno dovuto chiuderle e optare per un lockdown totale per cercare di riportare l’epidemia sotto controllo quando i numeri sono diventati incompatibili con la tenuta dei servizi sanitari. Scuole chiuse, ahimè. E hanno indicato le condizioni per la apertura”.
Dopo avere ricordato la discordanza degli studi sui rischi derivanti dalle scuole aperte, la prof sostiene che “pensare a una riapertura delle scuole in presenza senza contribuire ad una impennata dei contagi è necessario “assicurare un testing ed uno screening continuo a livello delle scuole per individuare tutti i positivi asintomatici o paucisintomatici”, ma “siamo in grado di effettuare decine di migliaia di test rapidi antigenici o test molecolari?”.
Occorre poi “assicurare un contact tracing adeguato ed efficace per spegnere sul nascere tutti i possibili focolai epidemici. Ma non si è detto ormai che questa attività è “saltata” e quindi… “autogestitevi”? Siamo a oltre 2mila casi al giorno in Puglia. Avete letto bene, al giorno”. Ma “solo con tassi molto bassi si può fare testing e contact tracing. Siamo in questa situazione? A leggere i dati, mi pare di no”.
Come è poi indispensabile “assicurare un distanziamento fisico idoneo e un uso costante e corretto di mascherine per garantire che la “variante inglese”, molto più contagiosa e diffusibile, non possa facilmente “saltare” da un soggetto ad un altro”.
C’è poi l’esigenza di “assicurare una adeguata ventilazione delle aule (le aule sono ambienti indoor molto pericolosi) affinché non si accumuli bio-aerosol contenente particelle virali che possono facilmente trasmettersi a soggetti suscettibili. Abbiamo queste aule che garantiscano lo svolgimento della didattica in sicurezza?”.
Chironna pensa quindi ai bambini che non sono in salute: “questi, si sa, devono rimanere a casa per forza di cose, se non vogliono ammalarsi. Per loro la DAD è obbligatoria se non vogliono rimetterci la salute col SARS-CoV-2”.
Serve, quindi, “assicurare un sistema di trasporto efficiente, adeguato e continuo che garantisca condizioni di sicurezza dei ragazzi e dei lavoratori del mondo della scuola. Lo abbiamo, realisticamente, in questo momento?”. Come bisogna assolutamente “evitare assembramenti all’ingresso e fuori della scuola”, perché “decine e decine di ragazzi che stanno vicini a meno di un metro o anche poco più ma senza mascherine (o sotto al mento) che parlano, urlano, cantano, anche stando all’aperto, ci assicurano assenza di contagio? Nutro qualche dubbio. Ancora una volta, la variante inglese spariglia le carte e trova terreno fertile anche in queste situazioni”.
Tutto questo, conclude la virologa, per dire che “bisogna decidere ora cosa è più giusto fare, invece, per tutelare la salute collettiva. Perché questa viene prima di ogni cosa. Si converrà”.
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