L’orientamento di medici e scienziati sull’opportunità di tornare in classe settembre, in modo da ridurre al massimo il pericolo di un ritorno di contagi da Covid-19, sta alimentando un dibattito con le diverse parti interessate – studenti, famiglie, docenti e personale della scuola – che chiedono di prendere una decisione il prima possibile. Soprattutto per le famiglie e per gli insegnanti, infatti, sapere sin d’ora o tra qualche giorno quali sono le intenzioni del Governo sulla didattica in presenza sarebbe fondamentale per organizzarsi al meglio.
I genitori destinati a tornare al lavoro il 4 maggio, ad esempio, dovrebbero cominciare ad organizzarsi per la gestione dei figli che frequentano le scuole media, qualora questi ultimi dovessero, come probabile, vedersi prorogare l’attuale blocco e continuare la didattica distanza con la modalità in remoto da casa.
A pensarla così è anche Licia Ronzulli, presidente della commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza: dopo avere ricordato che “il presidente del Consiglio superiore della sanità, Franco Locatelli, ha prospettato in tv la possibilità di tenere le scuole chiuse fino a settembre”, lunedì 13 aprile la Ronzulli ha chiesto al Governo di dire “chiaramente se è così: chiarisca subito se per quanto riguarda le lezioni in classe l’anno scolastico può dirsi concluso e se intende dunque accogliere la proposta di Locatelli”.
“Arrivare fino alla scadenza delle attuali restrizioni per prorogarle – continua la presidente – non aiuta di certo le famiglie a organizzarsi, specie quelle con minori che hanno l’evidente necessità, oltre che il diritto, di sapere in tempo utile se i propri figli dovranno continuare a studiare autonomamente a casa fino alla fine dell’anno scolastico in corso o meno“.
Anche il personale della scuola la pensa allo stesso modo. Tanto è vero che pure i sindacati del comparto rivendicano chiarezza da parte di chi governa il Paese e la scuola.
La decisione sulla riapertura delle scuole, ricorda Francesco Sinopoli, segretario della Flc Cgil “spetta al governo e al comitato scientifico. Bisogna aprire però quanto prima un confronto anche con le parti sociali, perché – sottolinea il sindacalista a colloquio con l’agenzia Ansa – il prossimo non sarà un anno ordinario, il rientro nelle aule richiederà un grande impegno. Bisogna iniziare a lavorare il più presto possibile, siamo già in ritardo“, conclude Sinopoli.
In effetti, sarebbe molto utile al corpo docente sapere se da qui alla fine dell’anno scolastico si effettueranno solo lezioni on line: sia per le realizzazione della programmazione delle lezioni, sia per la preparazione delle stesse lezioni, sia per cominciare ad organizzarsi su come rapportare la valutazione formativa con quella sommativa.
Viceversa, tornare in classe qualche giorno, per la fine dell’anno scolastico, sempre se le condizioni della propagazione del virus lo dovessero permettere, cambierebbe molto la questione: permetterebbe, tanto per cominciare, di validare le verifiche formative della DaD; ma anche di completare in presenza, magari anche allungando di qualche giorno il calendario regionale, quelle parti di programma non svolte per via del Coronavirus.
Al ministero dell’Istruzione, in effetti, si continua a lavorare per essere pronti a qualsiasi decisione. Pure a quella di tornare in classe qualche giorno prima della fine dell’anno scolastico.
In tal caso, secondo Benedetto Della Vedova, segretario di Più Europa, servono diversi miliardi, perché dovremo anche “dotare scuole e aziende di strumentazioni di protezione individuale, e finanziare l’adeguamento degli spazi di lavoro o studio”. Tra le varie cose, bisognerà “investire in strumenti diagnostici diffusi a tappeto, rapidi ed efficaci, app e nuove tecnologie per il tracciamento del virus; dovremo potenziare le strutture sanitarie sul territorio e garantire la risposta delle terapie intensive in caso di recrudescenza del virus; adeguare e potenziare la strumentazione a disposizione delle case di riposo; distribuire centinaia di milioni di mascherine a costi ragionevoli“.
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