Sempre di più si sente la necessità di rivalutare lo studio della Storia. Il problema aperto riguarda però il come, nel quadro generale di crisi del sistema educativo e formativo scolastico.
Non basta che la Storia sia ritornata obbligatoriamente fra le tracce della prima prova all’esame di stato. I nostri studenti arrivano alla fine del percorso di studio con livelli di preparazione sempre più bassi, spesso faticano a comprendere i documenti assegnati per ogni traccia, scrivono temi piuttosto banali. Le conoscenze di Storia sono generalmente al livello di base, il lessico specifico minimo, e gli strafalcioni enormi. Optare per la traccia di Storia è una scelta residuale, in cui si avventura una percentuale minima di studenti, che raramente ottiene risultati alti. Anche lo scorso anno, il tema storico (che pure c’era fra le sette possibilità) non ha riscontrato l’interesse dei maturandi.
È di questi giorni l’amara denuncia del linguista Sabatini sul fatto che la scuola italiana non riesce più sviluppare adeguatamente la facoltà linguistico-cognitiva di base. I risultati Ocse-Pisa, pubblicati a dicembre 2019, hanno segnato un altro passo indietro nella competenza di lettura, comprensione e utilizzo dei testi scritti, tanto che solo il 5% dei quindicenni italiani è in grado di comprenderne appieno il contenuto e valutarne l’attendibilità. Come possono oggi i nostri giovani difendersi dalle fake news, che circolano abbondantemente sui loro social amatissimi, e capire gli insegnamenti della Storia?
Proprio nei giorni in cui si tenevano ovunque le iniziative per il Giorno della memoria, finalizzate a “non dimenticare”, abbiamo assistito alla comparsa di scritte anonime antisemite che solo l’ignoranza può generare. Questo dovrebbe farci riflettere anche su come viene insegnata la Storia e su come dovrebbe essere insegnata, se vogliamo “lasciare un segno” (secondo l’etimo della parola insegnare) nella mente e nella formazione dei giovani.
Nel curricolo della secondaria di II grado sono previste due ore settimanali di Storia comprensive di educazione civica, che spesso saltano per i motivi più vari. Nel quinto anno conclusivo del percorso di studio, il programma è smisurato, da inizio Novecento alle due guerre mondiali, con tre regimi totalitari da approfondire, per arrivare fino al periodo più recente. Il docente deve per forza sintetizzare, schematizzare, essenzializzare. La disciplina inoltre è abbinata a materie letterarie o a filosofia, per cui l’insegnamento dipende anche dalla formazione del docente, di solito più letteraria che storica. I testi scolastici infine non aiutano, sono troppo voluminosi, zeppi di informazioni, finestre, tabelle, grafici, immagini, sintesi, letture, approfondimenti. A volte è davvero difficile trovare il bandolo e trasmettere agli studenti un senso unitario capace di lasciare il segno.
Le Indicazioni Nazionali per i licei e le Linee guida per gli istituti tecnici e professionali del 2010 sono un documento d’indirizzo che lascia spazio all’autonomia scolastica. Per i licei, l’insegnamento della Storia ha l’obiettivo di saper comprendere e interpretare il fenomeno storico nella sua complessità, nella dimensione temporale e geografica, di saper valutare le diverse fonti e usare il lessico appropriato. E, soprattutto, di saper “comprendere le radici del presente”. Per i tecnici e i professionali, le Linee guida prospettavano l’opportunità di sviluppare e approfondire il “rapporto fra le discipline delle Aree di indirizzo e la Storia” per consentire allo studente di “collocare le scoperte scientifiche e le innovazioni tecnologiche in una dimensione etica e storico-culturale”, mettendo in relazione l’aspetto umanistico, scientifico, tecnologico, globale e locale.
Come si vede, le indicazioni ministeriali offrono alcuni spunti interessanti per l’insegnamento della Storia dopo la riforma del II ciclo, ma nelle scuole è prevalso il solito tran tran, anche perché non sono state messe in atto idonee iniziative di formazione a livello degli Usr in modo da supportare le scuole in questa ricerca didattica e metodologica.
È drammaticamente sotto gli occhi di tutti che ai giovani d’oggi servirebbero più competenze di educazione civica e una maggiore capacità di capire la Storia nella sua complessità, per comprendere le radici del presente e costruire un futuro più consapevole.
Tuttavia, lo sforzo è diventato titanico e molti docenti hanno gettato la spugna. “A cosa serve la Storia?” spesso chiedono gli studenti, non comprendendone il valore nel mondo attuale, spalleggiati da genitori che vogliono solo il risultato facile.
Cosa e come rispondere? Come presentare l’offerta didattica? Certamente una narrazione tutta avvenimenti e cronologia non risponde alla domanda di senso. Non basta neppure catturare la curiosità momentanea degli alunni con aneddoti, immagini, filmati, testimonianze, non ben contestualizzati nel fenomeno storico. Forse si potrebbero gestire meglio le periodizzazioni annuali e puntare sui nuclei tematici fondamentali. Probabilmente Ministero e Usr potrebbero coordinare iniziative di formazione. Ma soluzioni pronte non ce ne sono. Il dibattito è aperto.
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