“Nei suoi testi parla sempre di sogni. Allora sogniamo: Roberto Vecchioni sarà il prossimo ministro dell’Istruzione – ipotizza il nostro direttore Alessandro Giuliani, intervistando il cantautore qualche giorno prima del voto – lo farebbe se glielo chiedessero?”
“No, mai. Io non son fatto per le cose pratiche e razionali. Mi hanno chiesto molte volte di entrare in politica – continua il professore di liceo – ma ho sempre detto di no”. E spiega: “Un artista non può essere al potere ma deve correggere il potere“. Lo ha dichiarato ai nostri microfoni in occasione del recente convegno Uil Scuola.
Insomma, il nome dell’autore di Sogna ragazzo sogna, di Samarcanda, di Chiamami ancora amore, non concorrerà a riempire il totonomi di queste ore in fatto di ministri e di Governo.
Un Roberto Vecchioni che è e resta un uomo di sinistra. “Sì, come faccio a nasconderlo? Lo sono da tanti anni e lo sanno tutti,” chiosa sorridendo. “Ma cosa significa essere un uomo di sinistra?” chiede ancora Giuliani. “Significa pensare in modo diverso rispetto a una legge castigante, significa l’opportunità, l’apertura, credere negli altri, significa provare, significa sbagliare, significa sognare”.
E sulle elezioni Roberto Vecchioni commenta: “Dobbiamo continuare a resistere, continuare la nostra vita, avere i nostri ideali, tenere i nostri sogni. Perché si deve cambiare o aspettare il peggio? Magari peggio non sarà. Io spero tanto che alcune cose non siano scalfite, cioè i diritti dei meno abbienti non siano assolutamente scalfiti, ma anzi siano aumentati. E poi spero che si resti in Europa assolutamente”.
Un rapporto particolarmente speciale, quello fra il cantautore e la scuola, come abbiamo già raccontato: “Chi dovrebbe amarla questa scuola? Dovrebbero amarla quelli che comandano. Io credo che gli insegnanti, quelli che ci lavorano dentro, la amino moltissimo. Io l’ho amata tutti gli anni, per me è stata un’avventura ogni giorno. Lo confesso, per me la scuola è stata molto più importante della musica, della narrativa, di tutto. Noi queste cose non dovremmo dirlo a chi le sa già, ma agli altri, fuori, nelle piazze”.