Basta menù etnici, gli istituti scolastici comunali romani tornano alla tradizione locale o, al massimo, a quella nazionale. È questo il senso del progetto presentato nei giorni scorsi a Roma dai vertici delle istituzioni capitoline, con in testa il sindaco, Gianni Alemanno, supportati da esperti di alimentazione. Il risultato è un taglio netto con la linea rivolta all’integrazione, anche culinaria, rivolta verso alunni e famiglie straniere ed imposta negli ultimi 15 anni dalle giunte di centro-sinistra (capitanate per due mandati da Francesco Rutelli e poi da Walter Veltroni).
Spazio, invece, per i prodotti regionali. Così i circa 150.000 alunni delle scuole comunali mangeranno, una volta al mese, piatti tipici di Veneto, Toscana, Emilia Romagna, Liguria, Piemonte, Umbria, Campania, Sicilia, Puglia e Calabria. Ma non solo. Prima di servire i diversi menù, prescelti da una commissione creata appositamente, ai giovani verrà spiegata l’origine della composizione, con tanto di cenni storici regionali e caratteristiche peculiari.
Per i bimbi della scuola d’infanzia è prevista una spiegazione particolare: non sotto forma di lezione, ma rappresentata da una sorta di “gioco dell’oca” a forma di stivale. Tra gli obiettivi prefissati dal Comune ci sarà soprattutto quello di trasmettere alle nuove generazioni, nell’anno del 140° anniversario dell’Unità d’Italia, i valori legati alla nazione e ai sacrifici affrontati dai nostri predecessori per trovare un’armonia d’intenti pur conservando le proprie radici e tradizioni. Quasi sempre legate alla cultura della terra.
Il sindaco ha sottolineato che quello prescelto è “un investimento sul made in Italy”, ma anche che rappresenta “solo la prima tappa del nostro progetto alimentare: istituiremo – ha spiegato Alemanno – anche le fattorie didattiche e cercheremo di inserire le famiglie nei farmer market per un maggiore e più diretto contatto con i contadini”.