In molti ricorderanno il tristissimo episodio che ha visto un alunno di sedici anni aggredire il proprio docente in un istituto superiore di Abbiategrasso, nel milanese, lo scorso 15 ottobre. Lo studente, allora espulso, potrà tornare a scuola: è stato accolto il suo ricorso.
Come riportano Il Corriere della Sera e Il Giornale, a ribaltare la decisione dell’istituto è una decisione dell’organo di garanzia regionale, che fa capo all’Ufficio Scolastico Regionale (Urp), cui si sono rivolti i legali della famiglia del sedicenne dopo aver fatto ricorso all’organo di garanzia interno alla scuola.
L’Urp ha contestato il provvedimento di espulsione definitiva dell’alunno evidenziando “l’esclusione della famiglia del ragazzo dalla composizione allargata del consiglio di classe” e anche “conflitti di interesse all’interno dell’organo di garanzia”.
Nell’ammettere il ricorso, l’organo di garanzia regionale spiega anche che il ragazzo non avrebbe ricevuto un adeguato supporto scolastico e che l’allontanamento definitivo avrebbe compromesso irrimediabilmente il suo percorso educativo, in contrasto con il principio del recupero sancito dallo Statuto delle Studentesse e degli Studenti. Il sedicenne, che è seguito da un neuropsichiatra per problematiche certificate, in queste settimane aveva proseguito il percorso scolastico da casa.
La decisione avrebbe reso felicissimo il ragazzo, che non vedrebbe l’ora di tornare in classe. Sul minore pende ancora la denuncia per resistenza, lesioni e violenza a pubblico ufficiale. Il docente, scrive ancora Il Giornale, lascerà la cattedra.
Si tratta della scuola che fa capo a quella in cui, nel maggio del 2023, una docente è stata accoltellata da uno studente.
Ecco il racconto dei drammatici momenti. “Era il mio primo giorno lì. Dovevo cominciare da una classe seconda, nell’ora di laboratorio di grafica. Quando è arrivata la classe, un alunno è rimasto fuori e la collega di sostegno è andata a chiamarlo. Nel frattempo un altro allievo ha acceso la musica sul telefonino. Gli ho chiesto di spegnere e lui mi ha offeso verbalmente, fingeva di spegnerla per poi riaccenderla. Mentre parlavo con lui, il ragazzo che era rimasto fuori si è messo alle mie spalle e ha cominciato a insultarmi: ‘Chi ca… sei tu per dirgli di spegnere?’. L’ho invitato più volte a sedersi, poi, dato che si rifiutava, gli ho intimato di seguirmi in vicepresidenza”.
“Mentre ci avviamo all’ufficio, lui continuava a insultare. Un collega mi ha detto: ‘Non lo affrontare così, non sai la sua storia pregressa’. Per allentare la tensione ho detto al giovane: ‘Non è successo niente, ora sistemiamo tutto’. E invece quando mi sono voltato mi ha fatto cadere e mi ha preso a calci, uno mi ha rotto il naso. Sono arrivati i carabinieri, l’ambulanza, il preside”.
“Da mesi sto valutando di lasciare l’insegnamento e di dedicarmi solo all’architettura. Non incolpo la scuola, ma la società, sempre più egoista e superficiale. Amo portare gli studenti a conoscere i tesori architettonici del loro territorio e li invito a non fare foto col cellulare, foto che poi non guarderanno più, ma a usare gli occhi e a parlare coi compagni. Spesso non sanno nulla l’uno dell’altro, se non che sono stati taggati in una foto”, aveva detto.
E la famiglia del giovane? “Mi hanno inviato una mail di scuse. L’ho apprezzato molto”.
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